Fragilità strutturale, disoccupazione giovanile (e non solo) e mancanza di adeguata protezione sociale. In Calabria le fasce deboli e la cittadinanza marginalizzata sono consistenti. Dunque anche la domanda abitativa è fortissima perchè prioritario è il diritto alla casa. E tuttavia «la risposta alla richiesta di aiuto non può essere solo quella di Aterp che, alla stregua di tutti gli altri enti gestori di patrimonio di edilizia residenziale pubblica, non dispone di fondi propri, ma può solo fare riferimento alle risorse ‒ per la verità scarse ‒ che attualmente sono garantite dallo Stato e dalla Regione».

La commissaria straordinaria dell’Azienda territoriale di Edilizia Residenziale Pubblica (Aterp), ente strumentale della Regione Calabria, Maria Carmela Iannini, è stata sentita nelle scorse settimane dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di Sicurezza e sullo stato di Degrado delle Città e delle loro Periferie presieduta da Alessandro Battilocchio.

Definita una «emergenza sociale e anche umana», l’occupazione abusiva degli alloggi popolari non può essere risolta da chi, come noi, ha il solo compito di costruire e di gestire insediamenti abitativi. Noi non abbiamo alcun titolo per assegnare gli alloggi. Tutte le procedure di assegnazione, ordinarie e straordinarie, sono in capo esclusivamente ai Comuni», ha ribadito ancora la commissaria Iannini.

L’audizione è stata anche occasione innanzitutto per descrivere la complessità e la fragilità dell’area metropolitana di Reggio Calabria, attraverso l’alto tasso dispersione scolastica (1.700 alunni in meno sui 5 mila previsti, in diminuzione in tutta la regione per il prossimo anno scolastico), l’indicatore sociale del livello di povertà i 400 i pasti giornalieri distribuiti nella sola città di Reggio dalla Caritas. L’ultimo rapporto della Camera di commercio ha rivelato che i giovani tra i 15 e i 24 anni hanno una disoccupazione che si attesta intorno al 42,8%, rispetto al 22,7% a livello nazionale.

Il ruolo delle politiche abitative in contesti ai margini

In tali contesti essenziali sono le politiche abitative e con esse anche e soprattutto la vigilanza passo dopo passo, senza zone d’ombra e inerzie che diano adito a sacche di illegalità che nel tempo generino condizioni di degrado, insicurezza e rischi per la tenuta dell’ordine pubblico. Di fatto quello che è accaduto ad Arghillà e al rione Marconi, due tra i siti più numerosi di Edilizia residenziale pubblica nel comune di Reggio Calabria dove sovente gli alloggi popolari diventano «fortilizi inaccessibili, utilizzandoli anche come deposito per la refurtiva derivante da azioni criminose».

Dove lo Stato non è presente come dovrebbe, “altro” prende il sopravvento e assume il controllo. Particolari degrado, marginalizzazione e scarsa presenza di servizi e protezione sociale si riscontrano in questi quartieri.

Il focus su Reggio Calabria


«Il patrimonio di edilizia residenziale pubblica nella città di Reggio Calabria – spiega la commissaria Aterp, Maria Carmela Iannini – è assai consistente. Conta 4.718 alloggi sugli oltre 38 mila su base regionale, e la sua gestione è particolarmente difficile. Le occupazioni abusive superano il 10 per cento sul totale degli alloggi. Nella sola città di Reggio Calabria, secondo un rapporto del distretto Aterp di Reggio Calabria, che risale a gennaio 2019, inviato anche alla locale Prefettura, si registrava un totale di 448 occupazioni abusive, con un’accentuata concentrazione nel solo quartiere Arghillà. Su 419 unità abitative occupate abusivamente, ben 110 nell’unico complesso denominato Comparto 6».

Il miraggio degli alloggi alternativi

Occorre un piano sinergico per destrutturare questo fenomeno, per procedere all’individuazione di chi ha diritto e di chi non lo ha. Un piano che latita, che stenta a manifestarsi, come dimostra proprio lo sgombero del comparto 6 ad Arghillà, sul quale dallo scorso marzo pende un’ordinanza sindacale per ragioni di sicurezza e rischi per l’incolumità. Occorre fare chiarezza sulle situazioni delle singole famiglie e poi procedere, preservando le fragilità e assicurando a queste un alloggio alternativo di cui da mesi si sente parlare in modo assolutamente vago e indefinito, salvo ribadire che quegli alloggi non sono sicuri e devono essere lasciati. Comune, Prefettura e Aterp hanno già manifestato la disponibilità a collaborare per affrontare la situazione ma poi la sinergia non si concretizza e dunque i risultati non sembrano arrivare.

La necessità di riappropriarsi del patrimonio edilizio pubblico


«Sotto la mia direzione il distretto Aterp di Reggio Calabria ha avviato sia per Reggio Calabria che per i comuni dell’hinterland reggino una importante attività di accertamento. Voglio ringraziare le polizie locali che, insieme a noi, sono impegnate quotidianamente in questa operazione, un lavoro che, fino a oggi, ha portato la sottoscritta a firmare ben 400 decreti di rilascio immobili.
È chiaro che i decreti vanno eseguiti e noi da soli non riusciamo a eseguirli. Questo lo dico altrimenti rimane tutto su carta, invece l’obiettivo che abbiamo noi ‒ ripete la commissaria Iannini ‒ è quello di dare a chi ne ha diritto un alloggio, ovviamente prima sgomberando e attuando una serie di misure che ci portino a riappropriarci di questo nostro patrimonio». Infatti è anche una questione concreta di reddito.

Dal comparto 6 di Arghillà alla Ciambra di Gioia Tauro


«Pure a Gioia Tauro in località Ciambra esiste un complesso di edilizia popolare pubblica, di nostra proprietà, di notevoli dimensioni: 17 edifici, per complessivi 114 alloggi, una superficie coperta di 4.750 metri quadrati, realizzato in tre diversi bienni, con tre finanziamenti diversi. Naturalmente, anche qui non abbiamo contezza delle nostre proprietà. Non sono mai state messe a reddito, perché le hanno occupate prima che potessimo fare i collaudi, alla stessa stregua di Arghillà. I comuni ci chiedono l’Imu anche su queste proprietà, vale per Arghillà, vale per Ciambra, ma di fatto per noi non costituiscono reddito».

La contezza dello stato dell’arte del patrimonio discende da un censimento rigoroso degli alloggi nel comune di Reggio dove, come la commissaria Iannini ha riferito, nella misura del 10 % essi sono occupati da persone senza titolo. Tra queste ci sono le persone che non hanno diritto e che traggono un ingiusto vantaggio da alloggi che tuttavia sono stati “liberi di occupare e di gestire per lungo tempo”. Tra loro ci sono anche le persone che hanno diritto e che attendono invano un’assegnazione. Perchè questo è un altro nodo da sciogliere.

I ritardi nell’assegnazione

«In attuazione di quanto disposto dalla legge regionale n. 32 del 1996, i Comuni hanno l’obbligo di pubblicare ogni due anni bandi integrativi per l’assegnazione degli alloggi. L’inosservanza deve essere verificata dal Dipartimento infrastrutture e lavori pubblici della regione Calabria, che, laddove riscontri questa grave omissione da parte dei comuni, nomina dei commissari ad acta che si sostituiscono ai poteri dell’amministrazione.

Quello che un pò sconvolge – evidenzia la commissaria Iannini – è che, allo stato odierno, nella città di Reggio Calabria sia vigente una graduatoria di assegnazione degli alloggi pubblicata nel 2019 e definita soltanto nel 2022, con circa 289 istanze totali, delle quali 40 soddisfatte. Prima del 2019 la città di Reggio Calabria aveva pubblicato una graduatoria solo nel 2005. Quindi, da questo punto di vista dovremmo fare di più e meglio».

Il contrasto delle occupazione abusive e quel protocollo mai sottoscritto a Reggio

E dunque, sono da rilanciare la necessità di uno snellimento delle procedura di assegnazione e riassegnazione, l’istituzione di un controllo periodico sull’effettivo utilizzo degli alloggi, e anche un richiamo ai Comuni, come quello di Reggio Calabria, in tema di assegnazione degli alloggi. Per assegnarli a chi è in graduatoria così come per metterli a disposizione di chi deve lasciare un alloggio inagibile, occorre sapere quanti e in che condizione versino. E qui c’è l’altro nodo del censimento di cui si è riferito anche prima.

«Devo dire che, al contrario di quanto è avvenuto in altre città della Calabria, come Catanzaro, Lamezia Terme, Cassano Allo Ionio o Cosenza, a Reggio non è stato mai possibile siglare un protocollo per la prevenzione e il contrasto delle occupazioni abusive negli insediamenti di edilizia popolare pubblica. Ciò avrebbe consentito a noi, azienda di edilizia popolare, di censire il nostro patrimonio, quindi di verificare effettivamente la liceità della conduzione degli alloggi e ripristinare la piena legalità. Nonostante la richiesta avanzata fortemente da Aterp, ma anche da diverse associazioni del territorio e dalla prefettura stessa, che nel 2017 aveva fatto tanti solleciti per arrivare a firmare questo protocollo, esso non è mai stato sottoscritto».

Se bastasse questo protocollo per sciogliere questo fitto groviglio e per rendere il diritto alla casa concreto e attuale, esso sarebbe da sottoscrivere prima di subito.