Data funesta nel calendario della Storia quella del 28 dicembre 1908. Tra Natale in famiglia e un Capodanno che per migliaia di quelle famiglie fu di morte e lutto.

Da poco trascorse le 5:20, la terra tremò per 37 lunghissimi secondi, cogliendo le popolazioni dello Stretto nel sonno. Poco dopo le acque si abbatterono violentemente sulle città seminando morte e distruzione.

Una violenta scossa di magnitudo 7.1 colpì la Sicilia orientale e la Calabria meridionale. Uno degli eventi sismici più catastrofici del XX secolo. In quei 37 secondi, il sisma raggiunse oltre sette gradi della Scala Richter, riferisce l'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Circa dieci minuti dopo la scossa seguì una devastante onda di maremoto che travolse entrambe le coste dello Stretto, aggravando lo stato di distruzione mietendo altre vittime.

Noto come il terremoto di Messina, per le perdite nettamente più numerose che la città subì e il crollo del 90% dei suoi edifici, (case, scuole, chiese, caserme, ospedali); un sisma che colpì con potenza distruttiva, ma con intensità diversa, le due città, in gran parte già rovinosamente segnate il sisma del 1783. 80 mila furono le vittime a Messina (57% della popolazione) e 15 mila a Reggio Calabria (poco più del 33% della popolazione).

Un evento catastrofico di proporzioni immani che stravolse drammaticamente la vita della comunità calabrese e siciliana dello Stretto e dopo il quale ebbe inizio l’azione dello Stato per la riduzione degli effetti dei terremoti che portò alla classificazione sismica del territorio nazionale e all’introduzione di specifiche norme per le costruzioni. È del 1909 il primo Regio Decreto che introduce norme valide per l’intero territorio nazionale.

L’alba di un inferno

La terra tremò violentemente e lo Stretto si sollevò, causando altre perdite e danni pure nell'entroterra di entrambe le città. Pochi attimi per distruggere il litorale calabro e quello siciliano. Crolli e devastazioni più gravi interessarono un'area di oltre 6000 Kmq.

Nel reggino la terra tremò dalla costa all'entroterra, da Palmi a Melito Porto Salvo ed il mare investì la costa da Punta Pezzo fino a Capo D’Armi. Comunicazioni e collegamenti in tilt. La gravità dell'accaduto non ebbe un'eco immediata e i soccorsi italiani si fecero attendere.

I primi soccorsi effettivi furono quelli stranieri. Nelle rade entrarono le navi russe, ai cui marinai sono dedicate due steli poste sulla via Giuseppe Garibaldi a Messina e presso la villa comunale Umberto I a Reggio Calabria. I soccorsi italiani, disposti in occasione della riunione del Consiglio dei Ministri, guidato da Giovanni Giolitti, furono tardivi. Un fatto che non passò inosservato in un'Italia sulla carta unita da neppure cinquant'anni ed ancora una monarchia, guidata da re Vittorio Emanuele III di Savoia e dalla regina Elena di Montenegro.

La solidarietà ...dal mare

La solidarietà provenne da oltre confine, attraverso quello stesso mare che si era rivelato mostruoso. Non solo i russi e gli inglesi ma, tra gli altri, anche gli svizzeri e i norvegesi furono molto vicini alla popolazione sfollata con la consegna dei viveri che avevano a bordo, la costruzione baracche, l'invio di moduli abitativi collocati lungo le vie che oggi portano ancora il nome di via Villini Svizzeri e via Villini Norvegesi.

Anche quest'anno avrà luogo la commemorazione presso la stele alla Villa comunale Umberto I di Reggio, promossa dall’associazione Paspartu che riunisce le varie comunità dell’ex Unione sovietica ormai residenti a Reggio. Una manifestazione in programma questa mattina alle ore 10:30, per ricordare il soccorso dei russi, gli Angeli venuti dal Mare.

Iniziative anche a Messina con la deposizione delle corone d’alloro al Gran Camposanto e alle 11.30, in Largo 28 Dicembre 1908, la cerimonia ufficiale di commemorazione, alla presenza delle autorità civili, militari e religiose, con il silenzio d’ordinanza a cura della Brigata Aosta. Le iniziative, già avviate lo scorso 19 dicembre, proseguiranno anche nei prossimi giorni.

“37 secondi”


Quel sisma ha anche ispirato la penna di Mimmo Gangemi, scrittore prolifero e versatile che ha già con successo incontrato lo schermo e che alcuni anni fa ha incontrato anche il teatro con la sceneggiatura scritta per lo spettacolo “37 secondi", in scena anche al teatro Cilea nel 2018. Interpretato da Maurizio Marchetti e  Maria Serrao, si lavora adesso per rilanciarlo.

«Il terremoto del 1908 fu un evento tragico che ha segnato la nostra storia, che continua a riguardarci e sul quale non deve mai scendere l'oblio. Lo spettacolo -  sottolinea lo scrittore Mimmo Gangemi - si propone di alimentare questa memoria doverosa. Nella mia stesura ho immaginato lo strazio di una donna che, imprigionata tra le travi della casa, assiste impotente alla morte dei suoi cari di cui sente i lamenti senza riuscire più vederli e senza potersi più muovere. Le voci sono due, quelle della vittima e quella narrante che racconta cosa precede e cosa segue a quella terribile scossa.

Anni fa, lo spettacolo fu molto apprezzato e, dunque, di concerto con gli attori, abbiamo intenzione di rilanciarlo e siamo in trattative sia su Reggio che su Messina per poterlo riproporre. Speriamo di poterlo presto riportare in teatro». È quanto spiega Mimmo Gangemi che affida queste parole alla voce narrante nella parte iniziale del racconto.

Il demone che addentò la città

«Un boato lacerò il silenzio della notte. Prima, la città dormiva placida sotto un cielo immobile, puntellato dalle stelle che scampavano a nuvole sparse, alte e chiare; l’aria era quieta, spezzata solo dai rintocchi a ogni quarto dell’orologio del Duomo, dal ritmato fruscio di onde deboli che s’infrangevano rispettose sulla riva, schiumando appena, e si ritraevano sconfitte, da un rumore lontano di ferraglia e dagli zoccoli dei primi cavalli per le vie del centro. Poi – scrive Mimmo Gangemi - un suono cupo, secco, fragoroso si risucchiò tutto, lacerò il buio, fratturò il cielo. E infranse i sonni.

Fu un boato interminabile, quasi che tutti i tuoni del mondo si fossero dati appuntamento lì e mischiati in modo da combinarne uno solo, terribile, assordante, insopportabile. Non fece in tempo a disperdersi in un’eco lontana. Venne risucchiato dallo sconquasso, da un demone venuto su dalle viscere della terra che s’accaniva ghignando, ed esplodeva un rancore covato a lungo. Addentò la città e prese a sciancarla vorace, a scuoterla rabbioso.

Le case si accartocciarono cangiandosi in mucchi di rovine, si mutilarono, si squarciarono offrendosi nude alla vista del cielo, sobbalzarono e si caddero addosso, in un ammasso disordinato di pietre, mattoni, calcinacci, travi, tegole, e di uomini impastati dentro. La città – scrive ancora Mimmo Gangemi – si restituiva alla terra da cui s’era sollevata, con gemiti contorti prima del tonfo cupo della resa. L’uomo assisteva inerme, nell’attesa di un destino su cui nulla poteva (...)». Fu così che ebbe inizio quell'alba infernale che spezzò generazioni, negando a migliaia di vite l'anno pronto a iniziare.