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C’è un filo che lega la tradizione e la violenza, la fede e il potere, la memoria e la resistenza civile. Quel filo, sottile ma evidente, è stato raccontato con lucidità da Mimmo Nasone, volto storico di Libera e punto di riferimento della lotta alla criminalità organizzata nella provincia di Reggio Calabria.
Ospite del format A tu per tu sul truck di LaC News 24, durante le festività mariane sul lungomare Falcomatà, Nasone ha offerto uno spaccato profondo e autentico su quanto accade sotto la superficie delle celebrazioni popolari, sui legami antichi tra potere mafioso e simboli religiosi, ma anche sulle nuove strategie di contrasto che partono dalla scuola, dalla cultura e dalla comunità.
Dalla Madonna al malaffare: quando la Fede viene usata
«La festa della Madonna della Consolazione nasce come bisogno di protezione e liberazione, affonda le radici nel Cinquecento», racconta Nasone. Ma col tempo, elementi pagani e interessi criminali si sono sovrapposti. «Baroni prima, mafiosi poi, si sono inseriti per accreditarsi, per mostrarsi amici della Chiesa. Non è una novità».
Un aneddoto emblematico riguarda Monsignor Ferro, figura cruciale nella rottura di questo legame ambiguo. «Nel 1975 scrisse un documento straordinario: ‘La mafia, disonorante piaga della società’. Fu la svolta della Chiesa calabrese».
“La ‘ndrangheta occupa spazi sani”: l’attualità inquietante
Oggi il fenomeno è mutato, ma non scomparso. Anzi, è diventato più sofisticato. «I mafiosi si inseriscono dove ci sono cose buone, dove c’è fede, solidarietà, associazionismo. Occupano gli spazi lasciati vuoti dalle istituzioni o dalla distrazione collettiva».
Nasone fa riferimento ai recenti fatti di Polsi e alle interferenze della ‘ndrangheta durante le feste religiose. Ma il discorso si allarga alla cronaca recente, con intimidazioni, incendi, minacce. «Paradossalmente tutto questo ci dice una cosa: la ‘ndrangheta è più debole. Perde consenso, e quando perde consenso usa la violenza per riaffermarsi».
“Libera è contro-narrazione”: la resistenza culturale parte dalle scuole
L’arma più potente? L’educazione. «Non esiste un vaccino antimafia se non quello culturale. Il nostro lavoro parte dalle scuole, dai ragazzi. Dove manca la famiglia, la scuola deve diventare presidio».
La missione di Libera è chiara: raccontare le storie delle vittime, non dei carnefici. «Vogliamo aprire uno spazio per queste storie dimenticate. Totò Gabriele, il piccolo Giuseppe Tano, tante vite spezzate. È lì che nasce la consapevolezza».
“Oggi viviamo una libertà vigilata”
Nasone lancia anche un grido d’allarme sulle recenti evoluzioni legislative. «Le nuove norme sulle intercettazioni, i limiti alla stampa, l’impossibilità di manifestare senza rischi legali… tutto questo è un favore alle mafie. Stiamo scivolando verso una democrazia debole».
E aggiunge: «Don Ciotti ci ricorda sempre: non basta commuoversi, bisogna muoversi. La rassegnazione è il male più insidioso. E noi combattiamo anche quella».
Il ruolo della Chiesa, la memoria dei giusti, l’esempio da seguire
Nasone non dimentica di sottolineare il ruolo della Chiesa, oggi più consapevole rispetto al passato. «Da Monsignor Ferro a Monsignor Morrone, fino a Don Italo Calabrò: sono stati fari. Educatori di pace. Portare i ragazzi sulle loro tombe, al cimitero di San Giovanni, è un gesto fortissimo».
Il futuro? Raccontare e resistere
Libera continua a essere presidio attivo sul territorio, con progetti di ricerca, azioni di monitoraggio sui commercianti, sostegno alle vittime. «La ‘ndrangheta oggi non vuole che tu diventi mafioso. Vuole che tu sia assente. Noi rispondiamo con presenza, con partecipazione».
E rilancia una scommessa con la redazione de ilReggino.it: uno spazio dedicato ai volti delle vittime, alle loro storie, per restituire dignità e memoria.
«Io sono solo una piccola cosa», ha detto Mimmo Nasone, «ma siamo una squadra. E la squadra è forte quando la società civile sceglie di esserci, di partecipare, di non voltarsi dall’altra parte».