Un viaggio attraverso la Calabria più autentica e silenziosamente potente, raccontata non dalle parole, ma dagli sguardi puliti e profondi di chi troppo spesso viene ignorato. Questo è La Calabria con i miei occhi, il progetto fotografico nato dalla collaborazione tra la Fondazione Iole Santelli, l’associazione Modelli si Nasce, la casa editrice Rubbettino, l’artista Giuseppe Fata e altri protagonisti del mondo dell’arte, della cultura e del sociale.

Ospite del format A tu per tu, Paola Santelli, anima del progetto, ha svelato il cuore pulsante di questa iniziativa: uno storytelling visivo affidato a giovani neurodivergenti, trattati non come soggetti fragili, ma come modelli professionisti, capaci di interpretare e custodire con eleganza i luoghi più simbolici della spiritualità calabrese.

Un viaggio tra i santuari e l’identità di una terra

La mostra, ospitata al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria fino al 28 settembre, è una seconda edizione — ancora più ricca e suggestiva — del progetto editoriale La Calabria con i miei occhi, pubblicato da Rubbettino.
«È un viaggio emozionale tra 12 santuari, scelti con equilibrio da nord a sud della Calabria, per raccontare la nostra terra attraverso simboli di fede, arte e identità», spiega Paola Santelli. Da Civita a Serra San Bruno, da Tropea a molte altre mete meno conosciute ma straordinarie, le immagini raccontano una Calabria “che incanta”, resa ancora più potente dagli sguardi dei modelli autistici.
«Loro sono stati i veri custodi e narratori di questa bellezza – continua Santelli –. Non solo hanno posato, ma hanno interpretato con una profondità unica. Non servivano parole: i loro silenzi erano rumorosi, pieni di senso.»

Modelli, non per caso. Professionisti per scelta

«Abbiamo bandito ogni forma di pietismo. Questi ragazzi sono stati retribuiti come professionisti, trattati con il rispetto che meritano», sottolinea Santelli. «Anzi, mia figlia guardando il book mi ha detto: “Sembrano foto di Dolce & Gabbana”. È la verità: hanno lo sguardo, la posa, la forza.»
Le immagini, realizzate da un fotografo d’eccezione e arricchite dai celebri copricapi-scultura di Giuseppe Fata, restituiscono una Calabria che non è solo bella: è vera, coraggiosa e inclusiva.

Una rete virtuosa che guarda lontano

La forza del progetto sta anche nella rete creata intorno: Rubbettino, Sinapsi, artisti, enti e famiglie hanno creduto nel valore di un’operazione che non solo emoziona, ma offre opportunità concrete. Molti dei ragazzi, infatti, hanno già sfilato a Roma e intrapreso percorsi professionali nel mondo dell’arte e della moda.
«Il messaggio che volevamo mandare è semplice: la Calabria sa riconoscere e valorizzare i talenti in tutte le loro forme. E i nostri ragazzi sono la dimostrazione più bella che la diversità può diventare ricchezza, se le si dà voce e dignità.»

Non solo una mostra: un modello di futuro

Il progetto La Calabria con i miei occhi non si ferma qui. Senza svelare troppo, Santelli anticipa che una terza edizione è in cantiere, con una formula nuova, ancora più entusiasmante. Ma nel frattempo, altri appuntamenti sono già fissati.
15 ottobre – Special Cook a Paola: un evento dedicato alla nutrizione oncologica con lo chef Fabio Fabbricatore, che cucinerà nel day hospital dove Iole Santelli si è curata. Durante l’evento sarà distribuito un ricettario redatto con l’aiuto di nutrizionisti esperti.
Febbraio – Mostra al GOM di Reggio Calabria: la mostra fotografica Calabria con i miei occhi sarà riproposta anche all’ospedale reggino, per continuare a promuovere bellezza e speranza nei luoghi della cura.
In arrivo – Borsa di studio AIRC: confermata anche quest’anno la borsa finanziata dalla Fondazione Santelli per un ricercatore rigorosamente calabrese.

Una Calabria da vedere davvero

La Calabria con i miei occhi è una mostra da visitare, ma soprattutto da vivere. Perché i volti e gli sguardi dei protagonisti parlano a tutti, raccontano una Calabria inedita, potente nella sua dolcezza, capace di abbattere muri culturali e sociali.
«Loro sono protagonisti della propria vita – conclude Paola Santelli –. Noi li abbiamo solo messi sotto i riflettori, lì dove meritano di stare. Il resto l’hanno fatto da soli».