«In Calabria, ogni giorno, la ’ndrangheta colpisce chi ha il coraggio di non piegarsi. Imprese sane che vengono minacciate, bruciate, devastate; basti pensare alla Valle del Marro o all’impresa di Villa San Giovanni a cui hanno incendiato l’escavatore.

In questa terra martoriata, dove chi ha detto “no” alla mafia ha pagato con la vita, con i sequestri di persona o con la paura quotidiana, non possiamo permetterci che qualcuno relativizzi il valore della legalità.

Chi oggi mette in discussione la cultura della legalità, chi lancia messaggi ambigui o fa paragoni inaccettabili, di fatto offre un alibi morale alla criminalità organizzata. È un insulto a chi ha resistito, a chi ha denunciato, a chi è rimasto solo ma non ha voltato le spalle alla giustizia.

Nel lavoro, la legalità è un concetto fondamentale per garantire diritti, dignità e sicurezza sia ai lavoratori sia ai datori di lavoro. Significa rispettare tutte le leggi e i contratti che regolano il mondo del lavoro, combattendo fenomeni come lo sfruttamento, il lavoro nero e la discriminazione.

Come ricordò Papa Francesco in Calabria, non c’è compatibilità possibile tra chi si dice cristiano e chi protegge o giustifica le mafie. Non si tratta di ideologia: si tratta di scegliere da che parte stare. E noi stiamo, senza se e senza ma, dalla parte di chi difende la legge, la libertà, la dignità delle persone.

Questa è la Calabria vera, quella che resiste, che non accetta compromessi, che non ha paura di chiamare le cose col loro nome. Tutto il resto è solo complicità».