Il Lungomare Falcomatà di Reggio Calabria, in queste giornate di settembre, è diventato un palcoscenico inedito: non solo il mare e lo skyline dello Stretto, il Live Fest con la grande musica d’autore, ed il Film Fest con pellicole internazionali in concorso, ma anche e soprattutto il villaggio del gelato artigianale più grande del mondo. Dentro Scirubetta, il Festival Mondiale del Gelato, ha trovato spazio anche il racconto del gusto visto con occhi esterni ma appassionati, quelli di Giulia Mancini, giornalista de “Il Gusto” del quotidiano La Repubblica, ospite sul truck del Network LaC.

La sua voce ha portato dentro l’evento una prospettiva che va oltre la cronaca: un ragionamento sul senso profondo di ciò che chiamiamo “gusto”, che per lei non è mai soltanto una questione di sapori. «Il gusto – ha spiegato – non è soltanto una sensazione organolettica. È una stratificazione di storie, di territori, di persone. Prima del sapore bisogna raccontarne l’anima».

Parole che hanno dato subito il segno di un’intervista capace di legare il festival al destino più ampio della Calabria, e alla sua possibilità di esprimersi al mondo attraverso l’enogastronomia. Giulia Mancini ha insistito su un concetto chiave: dietro ogni prodotto c’è sempre un volto, una comunità, una storia che resiste nel tempo. E quando quella storia viene raccontata, il gusto acquista valore.

Interrogata sul futuro del comparto agroalimentare, la giornalista ha offerto una riflessione lucida: «Mettere a sistema tante anime significa mettere insieme voci, visioni e bisogni diversi. In Calabria ci sono grandi imprenditori che hanno tanto da insegnare e che possono farsi capofila, ma servono orecchie aperte per imparare. È così che si cresce: ascoltando, osservando, correggendo».

Un invito che risuona come monito e opportunità. Il tessuto produttivo calabrese, fatto di grandi realtà, piccole imprese e artigiani, può crescere solo se la logica del campanile lascia spazio a quella della rete. Ed è un messaggio che a Scirubetta assume ancora più forza: il festival è già oggi un esperimento di fare comunità, un luogo dove professionisti provenienti da Italia ed estero hanno trovato un linguaggio comune fatto di gelato, creatività e cultura.

Giulia Mancini ha raccontato il suo primo impatto con il festival come «dirompente». A sorprenderla non è stata soltanto la quantità di pubblico, ma l’atmosfera collettiva che ha trasformato il gelato in un vero orgoglio cittadino. «Non mi aspettavo una partecipazione così animata. Ho visto un livello tecnico altissimo, un’organizzazione impeccabile nonostante il caldo di settembre che rende la lavorazione del gelato ancora più complessa. Ma soprattutto ho percepito il senso di appartenenza di una città intera».

Nelle sue parole è emerso un giudizio critico ma entusiasta: l’elogio più convinto è stato per i sorbetti, definiti sorprendenti per la loro texture cremosa ed equilibrata, capaci di unire freschezza e intensità senza la componente grassa. «Molti maestri hanno elaborato gusti appositi per Scirubetta, un impegno ulteriore che racconta la serietà con cui è stato affrontato il festival. Tra tutti, non poteva mancare il bergamotto, simbolo di questo territorio, che nei sorbetti ha trovato una nuova dimensione di eccellenza».

Ma l’intervista si è spinta oltre il perimetro della manifestazione. Raccontando le sue esperienze personali in Calabria, Giulia Mancini ha confessato di scoprire ogni volta tasselli nuovi di un mosaico che non smette di sorprendere. «Ogni volta che torno qui – ha detto – mi sembra di doverci tornare ancora dieci volte. È un puzzle che non finisce mai».

Un puzzle fatto non solo di cibo e vino, ma anche di storie dimenticate: dalle seterie al primo impianto siderurgico d’Italia, dalle scuole per macchinisti ferroviari ai carbonai, fino alle tracce di un’agropastorizia che ha saputo resistere. «Questa regione ha vissuto uno spirito partigiano di resistenza, ha conservato le proprie radici e ora è il momento di alzare la testa e portarle fuori», ha detto Giulia Mancini, evocando una Calabria che deve tornare a raccontarsi con fierezza.

Scirubetta diventa così occasione per riflettere sul ruolo di Reggio Calabria come crocevia culturale e gastronomico del Mediterraneo. Un luogo dove la tradizione incontra l’innovazione e dove il racconto enogastronomico si intreccia con la memoria storica. «Il nostro compito – ha concluso – è quello di non fermarci al piacere fisico, ma di raccontare le persone che stanno dietro i prodotti. Solo così il gusto acquista un’anima e diventa strumento di identità».

Scirubetta ha restituito l’immagine di una Calabria che non è periferia ma laboratorio, di una Reggio che da capitale del gelato può diventare capitale di storie, sapori e visioni. Una città che, come il suo bergamotto, sprigiona un’essenza unica: intensa, persistente, capace di arrivare lontano.