venerdì,Aprile 19 2024

Strage di Cutro, il vescovo Morrone: «Spero in un cortocircuito comunicativo e non del cuore» – VIDEO

Durante la via crucis anche le riflessioni del presidente del centro culturale islamico di Reggio Calabria, Hassan El Mazi: «Questa non è umanità»

Strage di Cutro, il vescovo Morrone: «Spero in un cortocircuito comunicativo e non del cuore» – VIDEO

«Aiutaci a promuovere la vita e a lottare contro le leggi che provocano la morte dei migranti e dei rifugiati. Sostieni i familiari in questo momento di strazio infinito». Così monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, si è rivolto al Santo Padre in occasione di questa prima via crucis dopo la tragedia a Steccato di Cutro.

Ancora si cercano dispersi a seguito del naufragio dell’imbarcazione in legno spezzatasi a 150 metri dalla riva. Sono 69 i corpi senza vita che il mare ha restituito. In questo tempo di quaresima, la tradizionale via crucis del venerdì ieri è stata dedicata alle vittime di questi e di tutti i naufragi di sempre.

Un momento di preghiera corale in una gremita cattedrale del Duomo, segno di una comunità profondamente raggiunta dall’urlo di dolore e disperazione per quanto avvenuto nel crotonese.

Un cuore che pulsa e si apre alla speranza

«È stata una presenza sentita, non certo di circostanza, segno di un cuore che pulsa e che non è chiuso. Un segnale di bella umanità che certamente in Calabria non manca. L’impegno e le energie spese a Crotone per affiancare i familiari e condividerne lo strazio, tutto quanto si sta facendo per accogliere i sopravvissuti sono testimonianza di un popolo calabrese che, forse su altre cose si perde, ma che quando c’è da accogliere e da custodire apre il cuore e le braccia. Come ha fatto in passato e continua a fare. Quando ci mettiamo insieme, alla passione cuore si lega intelligenza e allora tutto è possibile perché la fede può spostare le montagne, intese come durezza del cuore segnato dalla durezza. Qui è accaduto tante volte ma non basta essere di cuore e generosi. La buona volontà, la speranza, la generosità vanno organizzate e tale organizzazione deve muovere dallo stesso principio che deve animare le leggi e le regole internazionali ed europee. Tale principio racchiude la persona, il suo valore irriducibile sempre e a prescindere da ogni circostanza. Soprattutto la persona senza patria, senza casa, la persona sola. Dobbiamo impegnarci affinché nessuno si perda. Queste morti ci interrogano e non possiamo voltarci dall’altra», ha sottolineato l’arcivescovo Fortunato Morrone.

Il momento del silenzio

Una comunità operosa quella reggina ma in questa occasione in silenzio, in ascolto e in preghiera. Una comunità memore dall’accoglienza al porto di Reggio di 45 salme di migranti morti in mare solo alcuni fa. Era il 2016. A ricordarlo è stato proprio Hassan El Mazi, responsabile del centro culturale islamico di Reggio Calabria.

«Grazie, fratelli cristiani»

«Un dolore profondo ci attraversa in questo momento e ringraziamo anche in questa circostanza i fratelli cristiani che a Crotone, come a Reggio Calabria nel 2016, sono accanto a noi. Cooperano e pregano con noi. Grazie di cuore. Questa tragedia che ha colpito tutta la comunità musulmana cresce con il numero dei corpi senza vita restituiti dal mare. Morire cercando una vita migliore non è sopportabile, non è tollerabile. Queste non è umanità. Questa non è umanità. Prego solo che Dio li accolga in paradiso e che consoli i familiari. Tali perdite sono davvero troppo dolorose», sottolinea Hassan El Mazi.

Una via crucis fortemente simbolica perché dal dolore della croce passano la vita e la resurrezione e nel suo mistero è forse anche il mistero dell’agire umano.

«Il Sì alla Croce per scegliere il Bene»

«Nel meccanismo dei soccorsi, qualcosa certamente non ha funzionato. Sarà accertato nelle sedi opportune ma l’accaduto deve interrogare e deve interrogarci. Deve interrogarci specie quando sentiamo parlare di chiusura dei porti e quando nel nostro territorio assistiamo allo sfruttamento delle braccia di queste persone che poi vengono sfruttate. Voglio sperare che siano intervenute concomitanze varie o interferenze. Spero ci sia stato un corto circuito delle comunicazioni e non del cuore, spero che nessuno abbia negato al Signore cuore, occhi e mani in quella circostanza così drammatica. La Croce ci ricorda il dolore che possiamo generare con i nostri no al Signore, che ci chiede di stare dalla parte dell’umanità. Se scegliamo di accoglierlo nel nostro cuore, se rispondiamo di sì, allora la nostra parte non potrà che essere quella dell’umanità. La croce resta, però, lì a indicarci l’impotenza di Dio senza il nostro sì. Senza di esso il Signore non può agire. La potenza dell’amore tocca il nostro cuore se noi ci apriamo a Lui. Anche lui vive l’impotenza del nostro no e vive la gioia del nostro sì. La chiesa giudica ma non per puntare il dito ma per invitare a mettere giudizio, scegliendo il bene e la vita. Non c’è altro modo per prevenire tragedie di questa portata. Forse potevamo fare di più, allora intanto facciamo meglio», ha sottolineato ancora l’arcivescovo Fortunato Morrone.

Umanità e responsabilità

A questo Sì che il Signore chiede e che sta a ciascuno accogliere monsignore Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio Calabria Bova, affida la forza per affrontare con umanità e responsabilità quanto avvenuto a Steccato di Cutro quasi una settimana fa.

Comunità cristiana e quella musulmana restano unite e vicine anche in questo nuovo e tragico momento di prova. Un momento di prova che invoca verità.

«Bisognerà accertare le responsabilità. Bisognerà spiegare perché il meccanismo di soccorso non abbia funzionato, perché non siano stati soccorsi e salvati. Io non sono in grado di rispondere ma mi aspetto che lo faccia il Governo. Come mi aspetto che riservi maggiori attenzioni agli accordi bilaterali per i rimpatri. Quanto è accaduto non è umano e non deve più avvenire», ha sottolineato ancora Hassan El Mazi.

La memoria nel quotidiano

Una tragedia che, al di là di questo rigurgito di umanità, deve fare della memoria un’azione quotidiana

«Oggi il rischio di dimenticare è molto alto. Invece non dobbiamo farlo. Quanto avvenuto penetri il nostro cuore e il nostro vissuto, per aprire ancora di più e meglio gli occhi e il cuore, con uno sguardo alla diversità che sia di amore e di accoglienza. Prima della sua condizione, qualunque essa sia, c’è la persona che è essa stessa segno della presenza di Dio, il santuario di Dio. Noi crediamo profondamente in questo. Ma crederci come cristiani equivale a corrispondere poi con i fatti e con le azioni. La vita riparte in noi e in chi è sopravvissuto solo con un Sì», ha concluso l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Fortunato Morrone.

Articoli correlati

top