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Oltre 70 mila tra il 1 gennaio e l’8 luglio 2023, quasi ventottomila nello stesso periodo nel 2024 e quasi 32 mila dal primo gennaio a oggi. Questo il flusso, secondo i dati del ministero dell’Interno, dei migranti in sbarcati in Italia. Un flusso che sta subendo una flessione che segna tra il 2023 e il 2024 un primo stacco più significativo. Alle nostre latitudini ciò si sta traducendo in una diminuzione progressiva degli approdi al porto di Reggio. Ciò nonostante dallo scorso anno sia stato finanziato dal Viminale e allestito un hot spot per la prima accoglienza. In questo 2025 gli approdi a Reggio sono stati solo quattro mentre le ong che soccorrono in mare vengono dirottate verso porti molto più lontani come Ravenna e Savona.
Dunque gli accordi per i rimpatri e le politiche di chiusura stanno producendo il risultato di “risolvere” il fenomeno migratorio impedendo le partenze, rimpatriando le persone in fuga e scoraggiando le ong nel soccorso? Non si parte più o forse non si arriva più? Forse, invece, si continua a partire anche se “non si sa”, “non si vede” e “non si arriva”. E questo potrebbe essere l’obiettivo: non sapere, non occuparsene, sottostimare, tacere un fenomeno che non si ha interesse a governare veramente.
Difficile anche solo immaginare, con guerre, povertà e libertà negate dilaganti in tre quarti di mondo, che persone intente a sopravvivere possano desistere da tale aspirazione per via di queste politiche. Senza una gestione legale dei flussi, che non possono ragionevolmente essere fermati se non con interventi di caratura internazionale anche nei paesi di provenienza, i migranti continueranno a trovare alternative anche illegali. Tentare di ricostruirsi altrove quella vita che nel paese di origine è minacciata resta e resterà un’urgenza. Ciò anche al costo di non sopravvivere a quello stesso tentativo, come le testimonianze e i naufragi noti, silenti e ignoti dimostrano.
Traffico transnazionale di migranti
Un fenomeno di portata immane rivelato anche dal sistema criminale organizzato che inizia ad emergere dalla recente operazione Medusa, coordinata della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Ieri posti in via cautelare in carcere 25 soggetti di nazionalità turca, irachena, georgiana, russa, moldava e ucraina. Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di migranti, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in concorso, con l’aggravante della transnazionalità, e di ricettazione.
Un’operazione internazionale condotta in Italia, Georgia, Ucraina, Turchia, Moldavia e Grecia. Ulteriori 43 cittadini stranieri indagati in stato di libertà per i medesimi reati. In applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale sottoscritta a Palermo nel 2000, essenziale è stata la collaborazione delle sue agenzie dell’Unione Europea, Eurojust e Europol. Ciò anche ai fini dell’esatta identificazione all’estero degli indagati.
Un “affare” appetibile e di portata internazionale
«Abbiamo interloquito – ha spiegato il procuratore Giuseppe Lombardo – con Malta, Polonia, Grecia, Albania, Georgia, Slovacchia, Ucraina. Sono paesi non tradizionalmente legati da profili di cooperazione internazionale con l’Italia. Interlocuzioni internazionali che proseguono e che hanno generato la costituzione di una squadra investigativa comune con Georgia, Ucraina e Grecia e una collaborazione bilaterale stabile, al di fuori di una squadra investigativa comune, con la Turchia».
Una portata internazionale che è essa stessa elemento di analisi circa la dimensione del crimine che specula sulla vita dei migranti. Questa indagine attesta che il fenomeno migratorio, proprio perché appetibile per le organizzazioni criminali così ben strutturate, è tutt’altro che in quiescenza o diminuzione. Arriva anche la conferma circa la mutevolezza dello scenario del Mediterraneo, di recente molto più attraversato nella sua zona orientale rispetto a quella centrale, e circa il cambiamento delle rotte, prima la Tunisia e la Libia, negli ultimi anni la Turchia.
Crimine organizzato ma non mafioso
E dunque, per quanto «parziale, provvisoria, adesso al vaglio delle fisiologiche verifiche successive», questa prima risposta giudiziaria inizia a delineare un vero e proprio sistema in cui strutture sono coordinate per trarre profitto dal traffico di migranti. «Non vi è coinvolgimento della ‘ndrangheta», ha sottolineato il procuratore Lombardo. Questo network, tuttavia, della ‘ndrangheta possiede quel modello organizzato, collegiale e moderno che è garanzia di resistenza, resilienza e sopravvivenza. Un modello certamente vincente e provato sul campo, che la Direzione distrettuale reggina conosce bene.
Dieci milioni di euro, duemila migranti, trenta sbarchi in 4 anni
È stata e continuerà comunque a essere, nonostante l’esperienza della Dda reggina, complessa la ricostruzione che al momento, è arrivata a mettere in rete trenta arrivi tra il 2018 e il 2022, nei porti di Roccella, nel reggino, a Crotone, Lecce e Siracusa. Quasi duemila cittadini stranieri giunti in Italia, con un volume d’affari stimato nell’ordine di dieci milioni di euro. Le traversate avvenivano a bordo di barche a vela di circa 12/15 metri sovraffollate, dietro pagamento variabile tra i 4.000 e i 12.000 dollari.
Comincia a disvelarsi una rete transnazionale specializzata nel traffico clandestino di migranti ben organizzata. La “frangia ucraina” e la “frangia moldava” con il compito di reclutare gli scafisti, la “frangia georgiana” per l’intermediazione finanziaria e l’addestramento alla navigazione degli scafisti, e la “frangia turca” per l’organizzazione delle partenze e la gestione i rapporti con i migranti da trasportare ed i loro parenti.
La necessità di proseguire
Una ricostruzione nella quale ritroviamo molti dei racconti di chi è approdato qui. Di chi ci ha riferito di questi viaggi per raggiungere Istanbul, delle permanenze con altri migranti prima del viaggio, dei pagamenti e poi della partenza via mare su imbarcazioni inadeguate e insicure. Lo hanno raccontato anche nelle aule dei tribunali quando, troppo spesso anche da innocenti, sono stati arrestati e processati e poi assolti.
«Un fenomeno criminale particolarmente allarmante che riguarda il nostro territorio da moltissimi anni. Proseguiremo – ha ribadito il procuratore Giuseppe Lombardo – a lavorare nella consapevolezza che l’attenzione non dovrà assolutamente essere distolta e che ogni sforzo merita di essere fatto. Non c’è nessuna traccia che ci possa in questo momento consentire di affermare che quelle strutture criminali non siano ancora operative. Lo sforzo, dunque, deve necessariamente proseguire proprio per comprendere quale sia l’ampiezza complessiva di questa organizzazione delle sue varie strutture». Dunque, numeri a parte, secondo la procura, il fenomeno è tutt’altro che smantellato ma tutto da indagare e conoscere a fondo per un’attività di contrasto sempre più efficace e necessaria.
Ci sono ancora tanti veli da sollevare e dinamiche da approfondire. La conoscenza di questo universo criminale in cui le persone in fuga da guerre, persecuzioni, violenze e povertà sono merce, è appena iniziata.