A TU PER TU | Francesco Creazzo racconta la missione complicata di soccorso in mare tra fermi e porti lontani – VIDEO
Ospite negli studi del Reggino.it, il portavoce dell’associazione umanitaria descrive le condizioni in cui le ong stanno operando in questo difficile frangente storico: «La nostra denuncia sempre più necessaria»

Salvare, proteggere e testimoniare: ecco la mission di Sos Mediterranee, il network di organizzazioni umanitarie senza scopo di lucro attive in Francia, Germania, Italia e Svizzera, impegnate dal 2016 in operazioni di ricerca e soccorso nel mar Mediterraneo centrale. Un’attività finanziata da donazioni di privati che scelgono di sostenerne la causa.
Soccorrere chi in mare abbia bisogno di aiuto, garantire assistenza e sbarco in un luogo sicuro e raccontare la tragedia umanitaria in atto nel Mediterraneo. Può essere, dunque, particolarmente scomodo il ruolo delle ong, che denunciano e raccontano tutto ciò che vedono, specie in un momento come questo in cui la tendenza evidente è quella di sottovalutare e di minimizzare il fenomeno. Di tacerlo. Un fenomeno che non si arresterà, che è storico, umano e che, come tale, invece si può e si deve governare senza zone d’ombra, con senso di responsabilità e nel rispetto delle convenzioni internazionali che la stessa Italia ha sottoscritto.
Ospite negli studi del Reggino.it del format A tu per tu, il giornalista di Reggio Francesco Creazzo, portavoce di Sos Mediterranee, associazione umanitaria di soccorso in mare prossima a compiere 10 anni. La sua testimonianza, essendosi lui trovato anche a operare a bordo delle navi, costituisce un punto di osservazione prezioso sull’operato delle ong nel quadro delle attuali politiche governative ed europee.
42 mila migranti salvati in dieci anni
«In dieci anni di attività abbiamo soccorso in mare 42mila persone. Oggi operiamo con una sola nove, l’Ocean Viking che abbiamo in affitto. Una nave di 70 metri che prima si occupava di rifornimento di piattaforme petrolifere. In passato abbiamo operato anche con l’Aquarius, che tra l’altro ha fatto diversi sbarchi anche a Reggio.
Il compleanno che ci accingiamo a compiere ci inorgoglisce molto ma allo stesso tempo denuncia quanto ci sia ancora bisogno della nostra attività per colmare quel vuoto sempre crescente che gli Stati europei da anni stanno generando. Non vorrei – spiega il portavoce di Sos Mediterranee, Francesco Creazzo – ma devo usare la metafora: se l’Europa si è trasformata in una fortezza, il Mediterraneo è il fossato. Da spazio umanitario è diventato buco nero, vuoto anche informativo, in cui la morte diventa il principale dissuasore.
Un approccio dal nostro punto di vista inaccettabile. Possiamo non essere d’accordo sulla gestione dei flussi migratori, avere opinioni diverse in merito ma non è tollerabile che la morte sia utilizzata come dissuasore. Chi è in difficoltà in mare va soccorso, sempre, senza se e senza ma».
Il ruolo “scomodo” e necessario delle ong
«In passato, da cronista lo ricordo, le Ong erano ritenute fonti accreditate, citate nei rapporti ufficiali della Guardia costiera. Oggi assistiamo all’assegnazione di porti sempre più lontani. Una politica che arreca danno alle persone che soccorriamo, che raggiungono in un tempo più lungo un porto sicuro, che incrementa anche i nostri costi e che favorisce approdi anche in città che non hanno esperienza in termini di accoglienza.
Lo scorso anno abbiamo affrontato 171 giorni di navigazione in più a causa di questa politica. In un anno, nel 2024, abbiamo speso quasi mezzo milione di euro per questa ragione. Alla designazione di porti lontani si associano anche i periodi di stallo in attesa di tale designazione. Ciò genera anche tensioni a bordo».
Libia, l’inferno in terra
«Si tratta di persone che vivono nel terrore di essere riportare in Libia, da loro stessi definita un inferno in terra. Lì vengono detenuti in condizioni disumane e torturati. In mano ai trafficanti, le loro vite vengono messe a repentaglio durante le traversate. Grazie ai soldi del nostro Governo, investiti in addestramento, e alle motovedette che abbiamo messo a disposizione della guardia libica, i migranti vengono fermati al largo delle coste e riportati all’inferno. Un uomo che ha conosciuto i centri libici, la prigione e la schiavitù, e che noi abbiamo soccorso, alla domanda se avesse avuto paura di morire in mare, mi ha risposto che per lui sarebbe stato un sollievo piuttosto che tornare in Libia. Credo non ci possa essere nient’altro da aggiungere per essere più chiari sul punto».
La strategia del silenzio: porti lontani, accordi con paesi terzi e decreto Piantedosi
«Più che di ostacolare il lavoro di soccorso, visto che la stragrande maggioranza viene eseguita da Guardia di finanza e dalla Guardia costiera e che quelli eseguiti dalle ong rappresentano il 12%, si tratta di impedire che ci siano occhi su quello che davvero accade, che la società civile possa esserne messa a conoscenza ed esserne consapevole.
Nella stessa direzione – sottolinea ancora il portavoce di Sos Mediterranee, Francesco Creazzo – anche gli accordi con l’Albania, che hanno sul nostro lavoro un impatto più diretto, e la stretta del decreto Piantedosi con i fermi delle navi. I giudici hanno dimostrato quanto questo sia stato fallimentare. Anche noi abbiamo subito, con aggravi notevoli sulla nostra attività di soccorso, dei fermi. La questione di costituzionalità dello stesso decreto è stata sollevata dal tribunale di Brindisi, nell’ambito del giudizio avviato con ricorso proprio da Sos Mediterranee che ha contestato il fermo amministrativo alla nave Ocean Viking il 9 febbraio 2024».
Quest’anno abbiamo eseguito 17 operazioni di soccorso, salvando circa mille persone. Lo abbiamo fatto con le difficoltà che finora ho illustrato. Recente è stato uno sbarco addirittura a Savona. E non è stato il porto più distante. Siamo stati assegnati anche a Ravenna, dovendo aggirare tutta la Puglia, abbiamo percorso una distanza di 1600 km dall’area delle operazioni di soccorso.
L’obiettivo – conclude il portavoce di Sos Mediterranee, Francesco Creazzo – resta quello di distogliere gli occhi dell’opinione pubblica dal Mediterraneo per non vedere le violazioni che avvengono e le morti che silenziosamente si consumano. Morti che, a volte, ci vengono a visitare a casa, come è successo a Cutro nel 2023. Occhi che noi, invece, terremo aperti».