Il Rendiconto Sociale INPS 2024 fotografa una regione segnata dal calo demografico, dalla crescita dei contratti a termine e da retribuzioni tra le più basse d’Italia. La provincia di Reggio Calabria concentra le criticità più evidenti, con bassa occupazione, alta inattività e scarse opportunità di lavoro stabile.
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La Calabria che emerge dal Rendiconto Sociale INPS 2024 è una regione che continua a muoversi su un equilibrio instabile. I lievi segnali di miglioramento registrati sul piano occupazionale non riescono a compensare fragilità strutturali che si trascinano da anni e che oggi appaiono ancora più evidenti se lette insieme: la riduzione costante della popolazione, la debolezza del mercato del lavoro, la diffusione dei contratti precari e livelli retributivi nettamente inferiori alla media nazionale. In questo quadro complesso, la provincia di Reggio Calabria rappresenta il punto in cui queste criticità si concentrano con maggiore intensità.
Il nodo demografico: meno residenti, meno forza lavoro
Il primo elemento che colpisce è il dato demografico. Al 31 dicembre 2024 la Calabria conta 1.838.568 residenti, oltre seimila in meno rispetto all’anno precedente. Un calo che non è episodico, ma strutturale. Il saldo naturale resta fortemente negativo: nel 2023 le nascite sono state 13.282 a fronte di 21.767 decessi, confermando una tendenza che dura da più di un decennio.
A questo si aggiunge un saldo migratorio interno altrettanto sfavorevole. Sempre nel 2023, più di 16 mila calabresi hanno lasciato la regione per trasferirsi altrove in Italia, mentre gli ingressi da altre regioni si sono fermati poco sopra le ottomila unità. Una perdita netta che colpisce soprattutto la popolazione in età lavorativa.
Reggio Calabria, tra le province più esposte
All’interno di questo scenario, Reggio Calabria – con i suoi 515.153 abitanti – è tra le province maggiormente esposte. La riduzione della popolazione giovane e attiva non è solo un dato statistico, ma un fattore che incide direttamente sulla capacità del territorio di sostenere sviluppo economico e occupazione.
Occupazione in lieve crescita, ma aumenta l’inattività
Sul fronte del lavoro, i dati INPS mostrano un quadro apparentemente contraddittorio. Nel 2024 il tasso di occupazione regionale nella fascia 15-64 anni sale lievemente al 44,8%, mentre il tasso di disoccupazione diminuisce di circa tre punti percentuali. Tuttavia, questo miglioramento si accompagna a un aumento del tasso di inattività, cresciuto di 1,6 punti. Un segnale che indica come una parte crescente della popolazione non lavori e, soprattutto, non cerchi più lavoro.
Giovani e NEET: il dato più critico
Il dato sui giovani resta particolarmente allarmante. La Calabria registra la percentuale più alta di NEET in Italia, pari al 26,2% tra i 15 e i 29 anni. Un indicatore che restituisce la misura delle difficoltà strutturali di accesso al lavoro e alla formazione.
La provincia di Reggio Calabria si inserisce pienamente in questo quadro, collocandosi tra i territori con i più bassi livelli di occupazione e con una disoccupazione giovanile particolarmente elevata. A pesare è anche una forte inattività femminile, che continua a rappresentare uno dei nodi irrisolti del mercato del lavoro locale.
La struttura economica del territorio aiuta a comprendere questi numeri. Commercio, ristorazione, turismo ed edilizia sono settori centrali per l’economia reggina, ma si tratta di comparti caratterizzati da stagionalità e da una limitata stabilità contrattuale, con effetti diretti sulla qualità dell’occupazione.
Contratti: cala il lavoro stabile, cresce la precarietà
Ed è proprio la qualità del lavoro a rappresentare uno degli aspetti più critici. Il 2024 conferma una tendenza ormai consolidata: diminuiscono le assunzioni a tempo indeterminato, che scendono sotto quota 28 mila, mentre crescono quelle a tempo determinato, che superano le 87 mila.
A questo si aggiunge un ricorso sempre più diffuso al part-time, che in Calabria riguarda il 44,2% dei lavoratori dipendenti, una percentuale nettamente superiore alla media nazionale.
Anche in questo caso, la realtà della provincia di Reggio Calabria riflette e amplifica il dato regionale, soprattutto nei comparti turistico-ricettivi e commerciali.
Salari bassi e forti divari
Il tema delle retribuzioni completa un quadro già complesso. In Calabria, nel settore privato, il reddito medio giornaliero è pari a 77,9 euro per gli uomini e a 58 euro per le donne, contro valori nazionali rispettivamente di 107,5 e 79,8 euro. Un divario che racconta un sistema produttivo orientato verso attività a basso valore aggiunto e che penalizza in modo particolare l’occupazione femminile.
Nella provincia di Reggio Calabria, dove l’occupazione è concentrata proprio in questi settori, il livello salariale rappresenta un ulteriore fattore di debolezza e contribuisce ad alimentare la migrazione di giovani e competenze.
Imprese piccole, crescita limitata
Il tessuto imprenditoriale regionale non aiuta a invertire la rotta. Le imprese attive sono oltre 147 mila, ma quasi tutte di piccole dimensioni. Le microimprese dominano il panorama economico, mentre le realtà di media e grande dimensione restano marginali.
Un modello che garantisce una certa tenuta sociale, ma che fatica a generare occupazione stabile, investimenti e innovazione. Anche in questo caso, la provincia di Reggio Calabria rispecchia pienamente questa struttura.
Lavoro irregolare e controlli insufficienti
A rendere il quadro ancora più complesso è la presenza del lavoro irregolare. Nel 2024 l’INPS ha accertato in Calabria quasi 3.000 lavoratori irregolari e oltre 10 milioni di euro di evasione contributiva, a fronte di un numero di ispettori chiaramente insufficiente.
Reggio Calabria rientra tra i territori più esposti al fenomeno, soprattutto nei settori dell’agricoltura, dell’edilizia, del commercio e della ristorazione.
Una fragilità che rischia di diventare strutturale
Nel complesso, i dati del Rendiconto Sociale INPS delineano una Calabria che prova a reggere, ma che resta distante dagli standard nazionali. E all’interno di questa regione, Reggio Calabria appare come una sintesi delle fragilità strutturali, spesso con intensità maggiore rispetto ad altri territori.
Accanto alle criticità, il rapporto segnala anche alcuni elementi di tenuta, come l’aumento delle assunzioni nel commercio e nei servizi, la crescita dell’edilizia sostenuta dagli investimenti pubblici e una timida espansione dei servizi informativi e digitali. Ma si tratta di segnali che, da soli, non bastano.
La sfida per la Calabria – e per Reggio Calabria in particolare – non è soltanto aumentare il numero degli occupati, ma migliorare la qualità del lavoro, rafforzare il tessuto produttivo e creare condizioni capaci di trattenere capitale umano.
Senza un cambio di passo strutturale, il rischio è che la fragilità del mercato del lavoro continui a tradursi in fragilità sociale e demografica. I dati, oggi, lo raccontano con chiarezza.

