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Si continua a discutere sulle ipotetiche e possibili infiltrazioni mafiose nei lavori di costruzione del Ponte sullo Stretto: bene se si tratta di considerare oggettivamente l’eventuale pericolo e, quindi, si assumano conseguenti iniziative, anche straordinarie se necessario; male, invece, se il tutto si ferma al solo parlare ed alle vuote discussioni.
La verità è una sola: si tratta di una grande opera e, quindi, certamente la criminalità organizzata cercherà di approfittarne. Le Istituzioni tutte devono fare il proprio dovere, come accaduto in occasione di altri importanti interventi, ed essere sempre sostenute. Sarebbe auspicabile prevenire fenomeni del genere ed apportare immediati correttivi, per come già accaduto.
Per fare ciò, però, è indispensabile che vi siano adeguate risorse umane e una condivisione di intenti, con una seria programmazione. In verità, oggi le Prefetture non sono in condizioni di poter assicurare tale servizio fondamentale per mancanza di risorse adeguate; è dunque necessario assumere altre iniziative, come avvenuto per gli appalti dei lavori di Cortina-Milano o per altre grandi opere.
Sostanzialmente, con la condivisione di tutti i protagonisti istituzionali, si dovrebbe procedere a un controllo capillare presso il Ministero dell’Interno, che ha già dimostrato di avere risorse e capacità adeguate in altri cantieri. Un modo per raccogliere tutte le informazioni fondamentali per impedire eventuali tentativi di infiltrazione.
Naturalmente, ciò non esclude il ruolo delle Procure, chiamate a vigilare e ad aprire fascicoli in presenza di notizie di interesse per indagini corrette e indispensabili.
La cosa che, però, appare strana è la sola attenzione mediatica sul Ponte sullo Stretto. È vero che si tratta di un intervento complessivo di circa 13,5 miliardi, di cui meno della metà destinati all’attraversamento e il resto agli interventi a terra. Ma sia in Calabria che in Sicilia sono previste altre opere per un investimento di circa 35-40 miliardi a regione, di cui si parla poco.
Ed allora, per concludere, tutte le opere – non solo quelle al Sud – necessitano di controlli preventivi e adeguati, con interventi immediati e concreti. È indispensabile individuare uno strumento in grado di monitorare sistematicamente i lavori pubblici, con regole precise e rigorose. Le esperienze esistenti hanno dimostrato che ciò è possibile e che si possono prevenire infiltrazioni mafiose.
Senza tante chiacchiere, dunque, tutti al lavoro per confezionare uno strumento reale che divenga punto di riferimento per il controllo delle opere di rilievo, scoraggiando i tentativi criminali e sostenendo le indagini delle Procure. In questo percorso ogni organo dello Stato deve fare il proprio dovere, nel silenzio e nella concretezza delle azioni.
Un impegno che darebbe sicurezza anche alle imprese chiamate a realizzare i lavori, offrendo quel sostegno spesso mancante.