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Addio a Lucio Villari, l’eredità dell’autorevole storico e divulgatore anche nell’epitaffio dedicato a Garibaldi

La stele nella città dello Stretto reca l'impronta del celebre storico originario di Bagnara Calabra e morto a Roma nella notte all’età di 91 anni. Storico rigoroso e autorevole e divulgatore generoso e appassionato delle vicende risorgimentali e contemporanee

Addio a Lucio Villari, l’eredità dell’autorevole storico e divulgatore anche nell’epitaffio dedicato a Garibaldi

«Su questo munito e forte Castello, primo baluardo continentale del regno delle Due Sicilie, Giuseppe Garibaldi, i patrioti di Reggio e tremila camicie rosse dopo una battaglia cruenta e decisiva, issarono il Tricolore dei Mille nel nome della libertà e dell’unità d’Italia e di tutti gli Italiani». Questo l’epitaffio sulla stele posta dinanzi al castello Aragonese, scritto dallo storico Lucio Villari, nato a Bagnara Calabra (dove tornerà per essere sepolto) 91 anni fa e morto proprio nella notte a preludio all’odierno 17 marzo, in cui nel 1861 fu proclamata l’Unità d’Italia, a Roma dove risiedeva. L’annuncio della figlia Anna.

Il monumento ricorda l’attacco dalle colline orientali alle prime luci del 21 agosto 1860, mentre la divisione Cosenz sbarcava tra Scilla e Favazzina. Fu quello il giorno della storica battaglia di Piazza Duomo che vide contrapposti i garibaldini e l’esercito delle Due Sicilie, concludendosi con la sconfitta delle forze borboniche.

Il testo da scolpire sulla stele era stato proposto dallo storico nel 2013 alla commissione straordinaria che amministrava la città di Reggio dopo lo scioglimento per contiguità con la ‘ndrangheta, presieduta dal prefetto Vincenzo Panico. Commissione che aveva cristallizzato l’intento della commemorazione del 21 agosto successivo, su impulso del Comitato d’onore per commemorare la resa del Castello Aragonese presieduto dallo stesso Lucio Villari, in apposita deliberazione.

La spedizione dei Mille e l’intervento dell’Esercito meridionale garibaldino nel Regno delle Due Sicilie erano iniziati con lo sbarco a Melito Porto Salvo nel reggino, nella notte tra il 18 e il 19 agosto 1860. Avevano raggiunto la Calabria, partiti dalla Sicilia, due piroscafi e due contingenti guidati da Giuseppe Garibaldi e da Nino Bixio. Garibaldi, dopo il soggiorno a palazzo Ramirez, oggi noto come Casina dei Mille a Melito, la sera del 20 agosto 1860 era iniziata la marcia su Reggio.

Dalla Battaglia di Reggio alla Giornata dell’Aspromonte

Da Palermo fino a Reggio Calabria passando per Milazzo, Catania, Agrigento, Licata, Messina, Melito Porto Salvo, Villa San Giovanni e Nicotera. Così tra giugno, luglio e agosto del 1860 Giuseppe Garibaldi dalla Sicilia era sbarcato in Calabria con i suoi storici Mille, che nel corso della spedizione erano arrivati a sfiorare i trentamila uomini. La storia di Garibaldi in Aspromonte consta di un’altra pagina importante scritta due anni dopo, il 29 agosto 1862, la cosiddetta Giornata dell’Aspromonte. Eventi anche controversi e da conoscere sui quali lo storico Lucio Villari si era soffermato, sollecitato dal Reggino.it.

«Mentre Reggio nel 1860 aveva costituito il primo avamposto continentale liberato dai Borbone, nel 1862 l’Aspromonte aveva segnato un punto drammatico della storia dell’Italia. Quello fu uno scontro molto violento in cui vi furono settanta vittime e un centinaio di feriti.

Una battaglia che Garibaldi non si aspettava e che non avrebbe voluto. Il colonnello Pallavicini, nella ricostruzione del romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, alla celebre festa al principe di Salina riferisce che Garibaldi fu grato dell’intervento dell’esercito regio poiché lui stesso non voleva che la sua spedizione innescasse una rivoluzione sociale. Ricostruzione che io non credo sia corrispondente alla verità. Garibaldi fu colto di sorpresa, ferito e arrestato. Una pagina controversa della nostra storia che merita di essere conosciuta», aveva sottolineato lo storico reggino Lucio Villari.

A Reggio la scintilla rivoluzionaria del Risorgimento Italiano

Della storia di Reggio, un accento significativo lo aveva posto anche sui primi moti rivoluzionari.

«Pochi sanno che la grande fiammata rivoluzionaria del 1848 che investì l’Italia e l’Europa, e dalla quale ebbe inizio il nostro Risorgimento nazionale, fu accesa proprio a Reggio il 2 settembre 1847». Lo ha scritto lo storico reggino Lucio Villari. Quella rivolta a Reggio Calabria è ricordata dal monumento all’Italia dello scultore villese Rocco Larussa, allocata proprio in piazza Italia. Una sollevazione di popolo che fu, a sua volta, preludio dei moti rivoluzionari del 1848.

La Storia di ieri come chiave di lettura del presente anche e soprattutto del presente più ostico, dalla cui analisi proprio gli storici non possono esimersi per offrire all’opinione pubblica elementi essenziali utili a codificare le scelte politiche degli Stati e le trasformazioni sociali perennemente in atto.

Lucio Villari

Classe 1933 a Bagnara Calabra, nel reggino, Lucio Villari, laureatosi presso l’università di Messina, espletò la sua carriera accademica come docente di Storia contemporanea presso l’università Roma Tre. Fu autore di numerosi saggi sulla storia dal Settecento al Novecento, fornendo il suo prezioso e autorevole apporto fino alla fine anche a Rai Storia. Tra le innumerevoli puntate in cui era stato ospite di “Passato e Presente”, condotto da Paolo Mieli, anche quella dello scorso dicembre in cui aveva raccontato il più grande terremoto della storia italiana, uno dei più devastanti della storia mondiale. Aveva sempre collaborato con il quotidiano La Repubblica sulle cui colonne restano nero su bianco, come nei suoi numerosi saggi, restano vive le testimonianze della sua straordinaria capacità divulgativa della Storia.

La lettura del presente con la lente della Storia

Nel suo intervento su Repubblica dello scorso 20 febbraio, riprendendo le parole del discorso del capo dello Stato, Sergio Mattarella, che per lui oggi ha espresso parole di profondo cordoglio definendolo un intellettuale capace di unire «rigore scientifico e passione per la democrazia e la giustizia», aveva definito «l’accostamento tra il Terzo Reich e l’invasione russa dell’Ucraina, un parallelismo calzante e azzeccato che ha il merito di darci l’occasione di una lettura storica del presente».

La passione per la storia e per la sua divulgazione fu comune anche al fratello maggiore Rosario, scomparso nel 2017 e autore del manuale di storia per i licei e gli istituti tecnici pubblicato da Laterza negli anni ’70. Insieme scrissero il manuale “La società nella storia. Corso di storia per la scuola media inferiore”.

I saggi

Lucio Villari ha scritto numerosi saggi Il capitalismo italiano del Novecento (Laterza, 1972), Weimar. Lotte sociali e sistema democratico nella Germania degli anni Venti (Il Mulino, 1978), Settecento adieu. Cultura e politica nell’Europa dei lumi (Bompiani, 1985), con cui ha vinto il Premio Nazionale Rhegium Julii per la saggistica; La roulette del capitalismo (Einaudi, 1995). La schiavitù dei moderni. Illuminismo e colonialismo: Raynal e Diderot (Edizioni associate, 1996), Romanticismo e tempo dell’industria. Letteratura, libertà e macchine nell’Italia dell’Ottocento (Donzelli, 1999), L’insonnia del ‘900. Le meteore di un secolo (Paravia Scriptorium, 2000; Bruno Mondadori, 2002), Bella e perduta. L’Italia del Risorgimento (Laterza, 2009), Notturno italiano. L’esordio inquieto del Novecento (Laterza, 2011), America amara. Storie e miti a stelle e strisce (Salerno Editrice, 2013), La luna di Fiume. 1919: il complotto (Guanda, 2019).

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