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Aleggia, come una piuma candida e leggera su queste Feste“Abbentu” il nuovo spettacolo dei Mattanza, una narrazione inedita e originale della Natività.

“Eccumi, sugnu cca o me Signuri (…)  ‘A terra è sempri peggiu. Vuliti paci e amuri tra li genti. E pi stu gran miraculu, scigghistuvu…a Maria“. (“Eccomi, sono qua o mio (…) . La terra è sempre peggio. Volte pace e amore tra la gente. E per questo gran miracolo, avete scelto… Maria).

Gabriele è il primo dei dieci quadri che raffigurano l’annunciazione, la nascita e la profezia della morte e della resurrezione attraverso l’amore, l’attesa e la predicazione, nati dalla penna di Lorenzo Praticò e incastonati tra brani editi e inediti degli eredi di Mimmo Martino. Così nasce “Abbentu” la nuova creatura dei Mattanza, uno spettacolo di vibrante intensità che ha debuttato nella chiesa degli Ottimati di Reggio Calabria, proprio al cospetto dell’opera pittorica che raffigura proprio l’annunciazione dell’arcangelo Gabriele a Maria.

Un esordio già potente, ma destinato comunque a crescere, con Lorenzo Praticò, voce narrante, Rosamaria Scopelliti, voce e percussioni, Mario Lo Cascio, chitarre, pianoforte e voce, Teo Megale, fisarmonica, Alfredo Verdini, percussioni e lira calabrese.

Storie della tradizione popolare e brani si intrecciano in una narrazione che fonde note e parole, musica e teatro in una rivisitazione inedita e traboccante di umanità del tempo dell’Avvento. Accanto a Maria e Giuseppe, anche l’arcangelo Gabriele, custode dell’annuncio che portò Gesù nella Storia attraverso il coraggio di Maria, e l’instancabile predicatore Giovanni Battista.

Casa Eutopia e Lilia e le lettrici vista mare

Un concerto attraverso il quale contribuire ancora una volta a Casa Eutopia di Reggio Calabria, luogo di bellezza e accoglienza animato da Movimento ReggioNonTace, da Progetto Civitas, Gas Oro Verde, C.Stof (Centro di sostegno territoriale Oncologico femminile), Microdànisma, il centro d’ascolto anti-usura, la Mag delle Calabrie.

Ad aprire la serata, dopo l’introduzione di don Piero Lamazza, la lettura di alcune poesie ispirate ai temi della pace: Porto il mio dolore in un fagotto di Julia Musakovs’ka, I bambini Giocano di Bertolt Brecht, Almeno l’amore tra voi di David Maria Turoldo, Luce, pace e Amore di Laurence Housman, Il canto della pace di Anna Achmatova, Prendi un sorriso di Gandhi. A curare questo spazio Lilia e le lettrici vista mare, gruppo la cui denominazione reca anche il nome di Lilia Gaeta, fervida lettrice scomparsa alcuni fa.

Da Cantu da Passioni ad Abbentu

Si impreziosisce così del racconto dell’Avvento, e quindi dell’attesa della Natività, dopo il Cantu da Passioni per la Resurrezione di Gesù, il ricco e insostituibile repertorio dei Mattanza. Una fine alternanza di voci, brani e letture, persone e storie. Rivivono Maria e Giuseppe e, tratto di pregio di questa rivisitazione della Natività, anche Gabriele che deve “custudiri e ‘nsignari a vulari” e Giovanni che “pripara la strata”. Un monito di speranza coraggioso e necessario in un tempo in cui lo sguardo al futuro può risultare ardito, il presente è sempre più scricchiolante, l’amore è calpestato dalle guerre e l’umanità abdicata.

Gabriele e Giovanni

«La particolarità di Abbentu è il racconto affidato all’arcangelo Gabriele che abbiamo immaginato come l’angelo custode di Maria, di questa giovane donna raggiunta tramite lui dall’annuncio del Padre eterno. Un racconto affidato anche a Giovanni Battista, cugino di Gesù con il quale si incontra per la prima volta quando è ancora nel grembo di Elisabetta e Gesù in quello di Maria. A intonarlo è la musica – spiega Mario Lo Cascio – con due brani scritti per l’occasione, appunto Gabriele e Giovanni, brani dell’archivio storico dei Mattanza e anche un paio due chicche scritte da Mimmo Martino. Due inediti, A campana e Alleggiu Curri, scritto con Claudio Altimari».

Comu ‘na danza lenta sentu i so rintocchi i ballu chianu chianu e tegnu chiusi l’occhi. Tenili chiusi assai pi mmia e fa mi dura ‘a mavaria“. (“Come una danza lenta sento i suoi rintocchi così che ballo piano piano e tengo chiusi gli occhi Tienili chiusi a lungo per me e fa che duri l’incantesimo”).

«Fino a quando sarà possibile, promuoveremo la preziosa eredità di Mimmo Martino, continuando anche a scrivere e a proporre nuovi brani. Non siamo mai fermi – prosegue Mario Lo Cascio – e, infatti, abbiamo in cantiere dei brani nostri, tra i quali uno particolarmente bello, scritto dalla nostra cantante Rosamaria Scopelliti, e poi anche un altro sul quale torneremo a lavorare come per il recente singolo “Siamo Oriente”, collaborando con lo scrittore Gioacchino Criaco».
Dopo altre tappe nel reggino, presso la chiesa di Santo Stefano da Nicea ad Archi, “Abbentu” tornerà il prossimo 5 gennaio alle ore 21 con una nuovo emozionante spettacolo.

Canzoni e suggestioni

«Un racconto che abbiamo fin da subito desiderato fosse intriso di umanità. Dunque – spiega Rosamaria Scopelliti –  spiccano il lato umano e terreno delle figure di Gabriele e Giovanni, calate dall’impronta narrativa di Lorenzo Praticò nella quotidianità dell’epoca, pur conservando a pieno la loro dimensione sacra e spirituale. Esploriamo l’antico e il sacro dando una lettura popolare che arriva fino a oggi e che si intreccia con brani inediti e con brani tratti dal nostro repertorio come l’iconica ‘A Famigghia, la vibrante Ninna Nanna della area Grecanica, i Quaresimali, intatti nella ritmica ma con un innesto testuale, e la bellissima Vurria, in questo caso da legare alla storia di amore tra Maria e Giuseppe. E, insieme agli altri due inedito Gabriele e Giovanni, l’altro inedito Versu l’Infernu, un’intensa Ave Maria scritta da Mario Lo Cascio su testo di Michele Carilli sul tema sempre, purtroppo, tragicamente attuale che è la guerra».

“Quandu a trincea è all’orizzonti Morti, apri i brazza ca ‘riva Caronti. Avi Maria china di grazia Guarda sti figghi e iapri li brazza. E sarà chiantu e striduri i denti Chiddu chi spetta a sta povera genti. Gelu e non paci porta a muntagna ci penza a storia mi ccuppa a virgogna”.

(“Quando la trincea è all’orizzonte, Morte, apri le braccia chè arriva Caronte. Ave Maria, piena di grazia, Guarda questi figli e apri le braccia. E sarà pianto e stridore di denti ciò che spetta a questa povera gente. Gelo e non pace porta la montagna, ci pensa la Storia a coprire la vergogna”).

«Si schiude il nostro scrigno di brani per condividere anche A Campana. Mai pubblicato e interpretato in pubblico, è un brano tratto dall’inesauribile eredità di Mimmo Martino e che – svela Rosamaria Scopelliti –  interpretare per me che l’avevo ascoltata solo da lui in contesto assolutamente privato è stato un onore e un’emozione indescrivibile».

“Finisci inta sta terra ogni forma i misteru Ddà sulu trovi che è tuttu quantu sinceru. Cu sonu di ‘sta vuci, tuttu si ferma e taci. Tu trasi a nova vita inta l’infinita paci“.

(“Finisce in questa terra ogni forma di mistero. Solamente Li trovi che tutto è sincero. Con il suono di questa voce tutto si ferma e tace. Tu rinasci a nuova vita, nell’infinita pace”).

Mimmo vive

«Ci auguriamo – sottolinea ancora Rosamaria Scopelliti – che questo spettacolo possa decantare nel pubblico ed essere un balsamo, quasi un rimedio, come la musica e l’arte sanno essere, in periodi bui come questo. Ci auguriamo, prima di ogni altra cosa, che Mimmo, spirito e poesia intramontabili dei Mattanza, che con la sua ricerca da filantropo e fine etnomusicologo che ci ha lasciato tra i tanti capolavori Cantu da Passioni e ci ha insegnato che un Popolo senza storia, come un albero senza radici, è destinato a morire, anche attraverso questo spettacolo possa “vivere”».

Fede, storia o letteratura, ma sempre Umanità

«La forte suggestione di Mario Lo Cascio e Rosamaria Scopelliti di un arcangelo Gabriele da raccontare nella sua umanità mi ha subito coinvolto. È, infatti, è proprio l’umanità il fil rouge che lega tutto. Maria assolutamente umana – spiega Lorenzo Praticò, autore del testo – che racconta di un Gesù assolutamente umano perché, al di là del fatto che si sia o meno credenti o praticanti, la bellezza in assoluto che pervade il Vangelo è proprio l’umanità di Gesù.

Se Gesù non si fosse fatto veramente uomo, tutto questo probabilmente non avrebbe avuto il senso di profonda trasformazione che ha avuto per milioni di persone in tutti oltre due millenni.  Un monito che oggi risulta ancora più necessario, soprattutto se pensiamo che laddove tutto questo si è mosso ed è accaduto, si sta compiendo una delle più grandi stragi della storia umana. Non abbiamo la pretesa che questo spettacolo possa far cambiare qualcosa laggiù, però abbiamo sentito la necessità di farlo».

Vorremmu u ndi portati a santa paci, Gesù Bambinu, chi u mundu perdiu, ma sti briganti sarrenu capaci u sequestranu puru u Figghiu i Ddiu. Tornati arretu, mo; quandu veniti portativi cu Vui a Santa Cruci, chiuditi l’occhji e supa a sti banditi minati a morimamma, cruci e nuci”.

(tratto da Finale: “Vorremmo che ci portaste la santa pace, Gesù Bambino, che il mondo ha perso, ma questi briganti sarebbero capaci di sequestrare persino il Figlio di Dio. Tornate indietro, adesso; quando venite, portate con voi la Santa Croce, chiudete gli occhi e questi banditi colpite senza pietà, una volta per tutte”).

«Giovanni è colui che apre la strada Gesù che è lì perché lui possa diventare quello che è destinato ad essere. Ciò è bellissimo perché fa parte dei grandi sacrifici della storia o, se non si fosse religiosi, della letteratura.

La mia scrittura, dunque, è nata dai quadri che Mario e Rosamaria hanno pensato di raccontare. Per ogni quadro ho fatto delle ricerche. Indispensabile un libro di Erri De Luca In nome della madre. È solo la vera umanità a potere salvare il mondo. Tutte queste parole – conclude l’autore del testo Lorenzo Praticò – sono nate nel tentativo di essere più fedeli possibili all’idea di un racconto ibrido in cui si fondessero drammaturgia poetica e un canto dal suono popolare».