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Reggio, i cinque anarchici della Baracca ricordati al centro Cartella 54 anni dopo “l’incidente” in cui persero la vita

La loro storia ha ispirato lo spettacolo ”Quattro pezzi facili meno una“ del Kollettivo Kontrora di Cosenza. Presente la sorella di Gianni Aricò, Antonella: «Lottavano per i loro ideali e noi non possiamo rinunciare alla verità. AnneLiese non era una straniera ma era la moglie di mio fratello, era una di noi»

Reggio, i cinque anarchici della Baracca ricordati al centro Cartella 54 anni dopo “l’incidente” in cui persero la vita

Ricordare Angelo Casile, 20 anni, Franco Scordo, 18 anni, Gianni Aricò, 22 anni, la moglie tedesca neppure diciottenne Anneliese Borth, e il cosentino Luigi Lo Celso, 26 anni, a distanza di 54 anni da quella tragica notte. Tra il 26 e il 27 settembre 1970, alle porte di Roma persero la vita in un tragico incidente stradale che, ancora dopo oltre mezzo secolo, riserva dei lati oscuri.

Ricordare i giovani della Baracca

Ricordare con loro i giovani anarchici della Baracca che a Reggio Calabria facevano controinformazione in un momento caldo, quello dei Moti, quello del deragliamento del treno a Gioia Tauro, del golpe (revocato) del principe nero Valerio Julio Borghese.

Ricordare anche la giovane AnneLiese, moglie di Gianni Aricò arrivata in Italia dalla Germania non ancora maggiorenne, il cui destino si è poi intrecciato indissolubilmente con quello degli anarchici della Baracca di Reggio Calabria.

Ricordare, non solo per non dimenticare ma anche per testimoniare la volontà di non rassegnarsi alle tante zone d’ombra che ancora questa storia troppo dimenticata porta con sé.

Ricordare, testimoniare e non desistere

Questo è stato fatto al centro sociale Angela Cartella di Gallico, periferia nord di Reggio Calabria, lo scorso 26 settembre, nel giorno del 54° anniversario della morte dei cinque giovani.

Il centro Cartella, sulla sua porta di ingresso, ha in modo permanente affisso un manifesto con le immagini dei cinque giovani. Messo in scena il secondo studio di “Quattro pezzi facili meno una”, un monologo di Francesco Gallelli, con la drammaturgia di Francesco Aiello e Giovanni Battista Picerno e la regia di Francesco Aiello, proposto dal collettivo Kontrora di Cosenza anche in riva allo Stretto.

Una storia necessaria e da riscattare

«Dopo aver letto il libro di Fabio Cuzzola “I cinque anarchici del Sud”, abbiamo voluto approfondire. Lo spettacolo non propone una narrazione dei fatti ma ricerca una nuova prospettiva per raccontare questa vicenda cruciale per la storia dei roventi anni Settanta. A questo lavoriamo con questo studio. Abbiamo per questo scelto un personaggio che durante il monologo fa il suo percorso: dalla fine degli anni Sessanta arriva nel 1994 ad ambire a un poltrona di sottosegretario.

Una parabola simbolica utile ad affermare la centralità di questi giovani, che tuttavia non sono noti come invece lo è Pinelli e la cui storia è invece rimasta nell’oblio, nello scenario di Reggio Calabria e dell’intero Paese. Una vicenda personale tesa a sottolineare l’urgenza di parlare ancora oggi dei cinque ragazzi, per comprendere anche quello che avvenne dopo». Così l’autore e regista Francesco Aiello.

Il punto di vista dell’infiltrato

«La scelta del punto di vista di un infiltrato è a mio avviso vincente per riuscire a offrire alla storia uno sguardo nuovo, inedito e arguto. Egli offre una prospettiva più autonoma di chi si forza a essere chi non è e, dunque, veste i panni, come capita anche a chi fa l’attore, di qualcuno che tuttavia è chiamato a indagare, a capire, a interiorizzare. Tutto ciò porta alla luce elementi inattesi. È, dunque, molto stimolante anche come esperienza attoriale che ancora si evolve. Siamo ancora al secondo studio e proprio con il pubblico mi scopro a scandagliare luci e ombre proprie di un personaggio che, in quanto un infiltrato, è fuori dalla rassicurante massa ed è chiamato a confrontarsi ogni istante con la menzogna e un essere altro da sé con la pretesa di essere credibile. Un’esperienza che mi lascia ogni volta elementi nuovi sui quali continuare a soffermarmi e riflettere». Così l’attore Francesco Gallelli.

Il dovere di continuare a credere e a cercare

Presente allo spettacolo anche Antonella Aricò, sorella di Gianni che dopo 40 anni di silenzio misto a profondo dolore, oggi è fervida testimone di una storia tutta da riscoprire e da conoscere.

«Desidero ringraziare il collettivo e i ragazzi per questo spettacolo che ha una potenza emotiva davvero molto intensa. Ospitare questo secondo studio qui al centro Cartella dove so che i ragazzi si sentono a casa, in questa giornata, assume un significato ancora più pregnante. Dobbiamo continuare a portare avanti la memoria di questi giovani che cercavano la verità in un momento storico cruciale che ha cambiato il nostro Paese. Una verità che in tanti mi dicono sia ormai impossibile da scoprire dopo 54 anni. Ma noi non possiamo arrenderci, non possiamo rinunciare. Se lo facessimo, loro sarebbero morti invano».

In debito verso AnneLiese

«In questa occasione – ha sottolineato Antonella Aricò – sono contenta che si sia parlato finalmente di AnneLiese che ho sentito apostrofare nei modi più disparati. Lei era una giovanissima ragazza entrata come una luce nella vita della nostra famiglia. La detenzione che aveva vissuto in Italia dopo la strage di Piazza Fontana l’aveva resa, però, piena di paure. Dopo quell’esplosione infernale lei, mio fratello Gianni e Angelo erano stati arrestati. Per Gianni e Angelo il carcere durò solo dieci giorni. Anneliese invece aveva la colpa di essere minorenne e straniera. Fu trattenuta per tre mesi senza capire il perchè. In una sua lettera non si spiegava le ragioni di quella condizione. Quel periodo la cambiò profondamente.

Era rimasta la ragazza meravigliosa di prima ma piena di paure. Le stesse che con lei si spensero il 17 ottobre del 1970. Lei, infatti, fu l’unica non essere morta sul colpo quella sera del 26 settembre. La sua agonia durò tre settimane, durante le quali qualcuno sperava che lei non si svegliasse. Purtroppo quel qualcuno è stato accontentato. Credo si abbia il dovere di pensare a lei e che noi si abbia un debito nei suoi confronti. Non era “la straniera”, era la moglie di mio fratello, per me come una sorella. Anneliese era una di noi». Così ha concluso Antonella Aricò che, il giorno dopo è partita per le tappe al nord di “Evviva Maria”, altro spettacolo teatrale ispirato alla storia dei ragazzi, prodotto dal Centro Mediterraneo delle Arti, con Lara Chiellino e con la regia di Ulderico Pesce.

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