Fiori bianchi tra le onde per le vittime delle migrazioni: accoglienza, memoria e speranza al porto di Reggio – FOTO e VIDEO
Cerimonia istituzionale sobria promossa dal Comune e poi un momento di preghiera fortemente voluto dalla Caritas

Reggio Calabria non dimentica il preciso momento in cui la storia tragica delle morti del Mediterraneo la travolse nel maggio 2016. Non dimentica quel pomeriggio in cui un sole accecante fu testimone di un dolore dal quale nacque una straordinaria esperienza di accoglienza oltre la vita. Dopo l’approdo al porto di 45 salme di migranti morti in mare, la risposta della comunità fu forte e corale. Fu la risposta guidata da una coscienza lasciatasi profondamente interrogare dalla storia, senza sottrarsi. Senza voltarsi dall’altra parte. Il Comune mise a disposizione un terreno nella zona collinare di Armo. La Caritas italiana ha edificato un’opera segno consegnata alla comunità nel 2022. Nel tempo quel cimitero ha accolto migranti e persone morte in povertà e solitudine.
Dal cimitero di Armo al molo di ponente
Qualche giorno dopo quell’approdo così doloroso, in cui la terraferma fu raggiunta ma “oltre la vita”, il Comune di Reggio Calabria, guidato dal sindaco Giuseppe Falcomatà, istituì la giornata di commemorazione delle vittime delle migrazioni nella data odierna del 3 giugno. Giornata che anche oggi è stata celebrata con un momento condiviso solo con i volontari stamane al cimitero di Armo e con una cerimonia istituzionale questo pomeriggio sulla banchina del molo di ponente, a pochi passi dall‘hotspot in cui avviene la prima accoglienza. Dal gommone della Polizia locale, tenuto a battesimo in questa occasione così speciale, è stata deposta in mare una corona di fiori bianchi.
Un segno di grande attenzione e sensibilità la celebrazione di questa giornata in un frangente storico in cui gli arrivi non sono frequenti come un tempo (a Reggio solo due in questo 2025) mentre non vi è ragione alcuna di credere che non vi siano partenze e di conseguenza ancora morti silenti, in questa che è una lunga e interminabile notte per chi attraversa il Mediterraneo.
Dopo la suggestiva deposizione, su impulso della Caritas, un momento di «preghiera e di raccoglimento nel Signore Gesù e in quel Corpo che tante volte abbiamo accolto e che continuiamo a accogliere nei fratelli e sorelle migranti. Un tempo di riflessione, affidamento e memoria grata per chi è sopravvissuto e per chi gode già la pace in Dio», hanno dichiarato i volontari del coordinamento diocesano sbarchi.
La cerimonia istituzionale
Erano presenti con la prefetta Clara Vaccaro, il questore Salvatore La Rosa, il comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Cesario Totaro, i Comandanti provinciale e della Sezione operativa navale della Guardia di Finanza, colonnello Agostino Tortora e capitano Posciente, il capitano di corvetta Francesco Foti, il capitano di fregata Enrico Arena e il Contrammiraglio Giuseppe Sciarrone della Capitaneria, il comandante della Polizia Locale, Salvatore Zucco, l’Arcivescovo vescovo Fortunato Morrone, gli assessori comunali Carmelo Romeo, Giuggi Palmenta, Paolo Malara, Mimmo Battaglia, Anna Briante, Lucia Nucera ed il consigliere metropolitano Giuseppe Marino.
Reggio cuore (anche ferito) del Mediterraneo
«Quel giorno di 9 anni fa siamo cambiati tutti. Questa giornata per la nostra città non sarà mai una giornata normale. Una commemorazione – ha spiegato il sindaco Giuseppe Falcomatà – che vuole essere un momento di riflessione oltre che di commemorazione anche per tutte le altre tragedie del mare. Soltanto un anno fa a Roccella e due anni fa a Cutro. Purtroppo ancora si muore in mare e questo dimostra quanto ancora ci sia da fare rispetto alle politiche di accoglienza, di integrazione e di inclusione.
Quando noi parliamo di Reggio Cuore del Mediterraneo intendiamo anche questo. Vogliamo anche ricordare quella straordinaria partecipazione emotiva che la città ha avuto in quel giorno tragico. Nella nostra identità palpitano un innato spirito di solidarietà, di accoglienza e la capacità di sentire come proprie le sofferenze altrui e di entrare in empatia con tutte quelle che sono le sofferenze, le fragilità e le marginalità che esistono al nel mondo».
Il rischio di assuefazione e il richiamo a Gaza
«È anche un modo per richiamare l’attenzione su quelle morti in mare che fanno sempre meno rumore, che sembrano ormai essere entrate nell’ordinario e nella normalità. Noi dobbiamo invece avere la capacità di non banalizzare tutto questo, di non assuefarci anche a quanto sta accadendo a Gaza dove è in corso un genocidio e tantissimi bambini palestinesi muoiono. Ecco credo che una città diventi comunità anche nella misura in cui riesce a non dare per scontato, a non banalizzare e, soprattutto anche se pure simbolicamente, a opporsi a tutto quello che sta avvenendo nel mondo». Così il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà.
L’impegno nell’accoglienza e nella restituzione dell’identità
«Questo è ormai il molo dell’accoglienza dove è stato allestito l’hotspot per rendere dignitoso questo punto di approdo. Un approdo possibile quando il mare unisce e questi viaggi della speranza si concludono con il raggiungimento della terraferma.
Grazie a tutti coloro che contribuiscono, e sono tantissimi con la Croce Rossa che gestisce l’hotspot. Non è mai semplice trovare luoghi adeguati per fare accoglienza ma lavorando insieme i risultati si ottengono e le difficoltà si superano. Il Mediterraneo – ha sottolineato ha concluso la prefetta di Reggio Calabria, Clara Vaccaro – è stato sempre un mare che ha unito popoli e culture ma è anche il mare che attraversato nelle condizioni in cui viaggiano i migranti genera evidentemente rischi per la loro vita. Dunque nel momento dell’arrivo, necessitano di una adeguata assistenza e di tutto il conforto possibile, al netto di quelle che saranno poi le posizioni singole.
Soltanto un anno fa la tragedia del naufragio di Roccella. Alcuni migranti non sopravvissuti riposano ad Armo. Siamo riusciti a identificare qualcuno. Dallo scorso 16 aprile alcune di quelle salme hanno un nome. Il matching del dna è una procedura complicatissima che non ha una fine. Il nostro lavoro continuerà fino all’ultima salma da identificare e tutte le volte che arriveranno nuovi elementi ricomincerà. Anche questo è doveroso». Così ancora la prefetta di Reggio Calabria, Clara Vaccaro.
Fiori bianchi che profumano di dignità
Il momento di preghiera è stato impreziosito da un suggestivo allestimento in cui è tornato il tema dei fiori che hanno il «bellissimo profumo della dignità», come sottolineato dall’arcivescovo Morrone. Un’infiorata ispirata al mare e ai suoi colori, con un cuore e una croce quali destinazioni di due piedi scuri in cammino e accanto i piedi di altri come lui in viaggio e di altri pronti ad accompagnare. Tanti sono stati, infatti, i piedi scalzi con cui i volontari hanno visto scendere i fratelli e le sorelle migranti dalle navi. Piedi ai quali corrispondevano volti, altrettanto sofferenti e bisognosi di quella carità che nella loro opera d’amore hanno trovato.
Uno spazio d’amore in cui vivere al meglio la nostra umanità
«Un grazie di cuore alle persone, alle istituzioni e ai volontari fiorenti a Reggio e che mettono, come Caritas lo possiamo testimoniare direttamente, cuore e anima nel servizio – ha sottolineato l’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fortunato Morrone – che nel 2016 hanno accolto quelle bare, riservando loro uno spazio di amore.
Il cimitero di Armo è questo: uno spazio di amore e quindi di umanità. È il segnale chiaro di un modo diverso, più bello, più profondo per vivere la nostra umanità. Questa è la grande potenza dell’amore attraverso il quale vivere al meglio, appunto, la nostra umanità. Il cimitero di Armo è un segno profetico ed anche una provocazione alla nostra coscienza, a non lasciarci prendere da certi nazionalismi o da certe barriere eccetera. Siamo pensati per essere ponti non per essere mura, per essere capaci di dilatare il cuore, perché e nel dono che si ritrova e si dilata il cuore Gesù.
Su questa terra c’è spazio per tutti. Ci arricchiamo nello scambio di doni, di civiltà, di culture. Questa è la nostra storia in fondo. Il nostro Mediterraneo è stato precisamente questo e noi cristiani e persone di buona volontà non possiamo dimenticarlo. Questi sono momenti che ci spingono a dare il meglio di noi stessi. C’è posto per tutti questa sera in questo luogo che ha accolto tanti fratelli e so che migliaia di storie spesso al limite sono passate da qui. Desideriamo pregare per loro. Forza, procediamo così diamo speranza». Così l’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fortunato Morrone.
Il richiamo della coscienza e del cuore
Presente per la commemorazione anche Martin Kolek. Attivista in mare e psicoterapeuta per bambini e adolescenti rifugiati traumatizzati, giunto a Reggio Calabria dalla città tedesca di Delbrück seguendo le tracce dei piccoli Mohamed e Maryam, i cui corpicini senza vita aveva tratto dalle acque del Mar Mediterraneo proprio quel maggio 2016, quando era componente dell’equipaggio della SeaWatch 2.
Un’esperienza che lo aveva segnato talmente nel profondo da destare in lui il bisogno vitale di partire alla ricerca del luogo in cui quei corpicini fossero arrivati. Giunse così qui a Reggio Calabria, visitò il cimitero di Armo, strinse legami di amicizia ancora vivi e si adoperò per offrire un contributo. Su suo impulso, infatti, anche l’arcidiocesi tedesca di Paderborn eseguì una donazione in favore del progetto di riqualificazione dello stesso cimitero dei Migranti di Armo.
2016-2026: verso i dieci anni
«Sento sempre un forte richiamo verso il cimitero di Armo nel quale ho trovato non solo un luogo in cui commemorare i due piccoli che non siamo riusciti a salvare. Lì io ritrovo un posto dell’anima al quale tornare per ricaricarmi e andare avanti in questo impegno necessario di sensibilizzazione circa il fenomeno migratorio e la tragedia umana che genera. Per me è una urgenza tornarvi.
Nel 2026 saranno trascorsi dieci anni.. Spero sarà possibile condividere in maniera ancora più significativa questa esperienza magari con una visita qui di una delegazione della comunità Paderborn e viceversa. Sarebbe bellissimo e importante». Così ha concluso Martin Kolek, che ha appena dato alle stampe un altro libro “Senza Terra”, che sta portando in dono, affinché non si smetta di sentirsi chiamati in causa in tema di accoglienza e migrazioni.
Uniti nella preghiera
«Ancora ho davanti agli occhi, e credo che l’avrò sempre, l’immagine delle 45 salme giunte a bordo delle nave della marina militare Vega. Un ricordo doloroso che non mi abbandonerà mai, come non mi abbandonerà mia la consapevolezza dell’importanza di non dimenticare. È giusto ricordare tutti fratelli e sorelle che non sono sopravvissuti al mare, le cui speranze di una vita migliore si sono infrante tra le onde ancora prima di raggiungere la costa. È altrettanto giusto pregare per loro e farlo tutti insieme». Così Hassan El Mazi, responsabile del centro culturale islamico di Reggio Calabria.