domenica,Novembre 3 2024

Gli effetti dell’Autonomia Differenziata sulla sanità in Calabria? «Una tragedia». L’analisi di Rubens Curia

L'esodo di medici e pazienti, l'aumento dei costi per curarsi, le diseguaglianze incolmabili: il futuro arido della sanità calabrese con la legge sull'autonomia è tutto tranne che utopistico

Gli effetti dell’Autonomia Differenziata sulla sanità in Calabria? «Una tragedia». L’analisi di Rubens Curia

L’idea di un’autonomia differenziata, specialmente nel settore sanitario, rappresenta una minaccia significativa per la Calabria. Questo, in soldoni, il pensiero di Rubens Curia, portavoce regionale di Comunità Competente, che ai nostri microfoni ha espresso forti preoccupazioni riguardo a questo tema, delineando i possibili scenari futuri e le criticità insite in questo modello.

«L’autonomia differenziata, per quanto riguarda la sanità, è una tragedia». E’ lapidario Curia, ma con tono preoccupato. E le ragioni che spingono il già direttore dell’Asp vibonese a questa preoccupazione sono molteplici. L’autonomia differenziata, infatti, rischia di incrinare definitivamente l’unità del Servizio Sanitario Nazionale, creando incolmabili disuguaglianze tra regioni ricche e regioni povere. Un’Italia di Serie A ed una di Serie B, che già vede troppi ammalati partire verso il nord alla ricerca di cure migliori.

L’esodo di medici e pazienti

In un prossimo futuro, se la legge sull’autonomia differenziata rimarrà tale, sarà sempre più una consuetudine per i malati del sud andare a curarsi al nord trovando spesso e volentieri un accento nostrano nei medici ed infermieri interlocutori. Sì, perché uno dei fenomeni che si paventa come possibile non è solo l’esodo dei pazienti, ma anche la fuga dei medici al nord.

Con l’autonomia differenziata, ogni regione avrebbe la facoltà di incrementare il contratto di lavoro di medici, infermieri e altri professionisti sanitari. Questo significherebbe che i medici nelle regioni ricche potrebbero ricevere stipendi significativamente più alti rispetto a quelli nelle regioni povere, attraendo quindi le nuove leve ma anche i migliori professionisti. «Avremo delle vere e proprie gabbie salariali», spiega Curia, «cioè al nord, nelle regioni ricche, ci sarà un diverso stipendio dei medici delle regioni povere». Tale situazione potrebbe portare quindi, come detto, ad una fuga di professionisti dalle regioni meno abbienti, aggravando ulteriormente la crisi sanitaria in aree come la Calabria.

Sei del Sud? Niente specializzazione al nord

Un altro aspetto critico sollevato da Rubens Curia riguarda l’autonomia delle regioni sulle scuole di specializzazione. Attualmente, alcune regioni finanziano le proprie borse di studio per rispondere a specifiche esigenze prettamente locali. Tuttavia, con l’autonomia differenziata, questo sistema potrebbe essere ulteriormente accentuato, con le regioni che potrebbero limitare addirittura l’accesso alle borse di studio ai soli residenti. «Un aspirante medico potrebbe sentirsi dire che, se non è residente in quella regione da almeno cinque anni, non può beneficiare delle borse di studio di quella regione». Insomma: quasi quasi verrà chiesta la doppia cittadinanza, perché evidentemente di quella italiana presto se ne farà a meno. Le porte chiuse ai giovani medici non le sbattono nemmeno all’estero.

“Piangi che ne hai ben donde, Italia mia”, aveva già capito tutto a vent’anni il Leopardi.

Curarsi in Calabria costerà di più

Rubens Curia, nella sua analisi fatta ai microfoni de ilReggino.it, sottolinea anche la possibilità di una divergenza nei costi delle prestazioni sanitarie tra regioni ricche e povere. «È possibile che ci siano delle prestazioni sanitarie il cui costo sia diverso per i residenti di una regione ricca rispetto a quelli di una regione povera», dichiara Curia. Una disuguaglianza sostanziale nell’accesso ai servizi sanitari, che non dividerebbe i cittadini in persone di serie A e di serie B, ma aprirebbe ad un alfabeto infinito. Ma le diseguaglianze, per il lungimirante legislatore che definì la sua stessa legge elettorale “una porcata”, si dovrebbero compensare grazie ai Livelli Essenziali di Prestazione (LEP). Sebbene questi siano garantiti in teoria a livello nazionale, la loro effettiva attuazione dipende dalla disponibilità di risorse finanziarie.

«Gli esperti parlano di quaranta, anche cinquanta miliardi» necessari per finanziare i LEP. Una manovra finanziaria ogni anno, insomma, ma la questione resta aperta su come reperire questi fondi. «Se la regione Calabria usufruisce del cosiddetto fondo di compensazione, potrebbe trovarsi in seria difficoltà senza questo sostegno», aggiunge. E poi altro che manovre “lacrime e sangue” di Forneriana memoria…

Un federalismo egoistico da combattere con la mobilitazione

Rubens Curia conclude la sua analisi con un appello alla gente del sud. «È evidente che bisognerà fare in modo tale che sulla sanità ci sia una mobilitazione», afferma con convinzione. Senza una mobilitazione decisa e una revisione critica dell’autonomia differenziata, le regioni del Sud, come la Calabria, rischiano di subire conseguenze devastanti.

L’autonomia differenziata potrebbe quindi rappresentare un passo verso un federalismo egoistico, che privilegia le regioni più ricche a scapito di quelle più povere. Per la Calabria, una regione che già oggi affronta numerose sfide nel campo sanitario, le prospettive sono particolarmente preoccupanti. La necessità di un dibattito pubblico, in questa nazione “di dolore ostello” dalla “nave sanza nocchiere in gran tempesta, ma soprattutto di azioni concrete per salvaguardare l’equità e la qualità del servizio sanitario nazionale è più urgente che mai.

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