Migranti, Mamadou Kouassi: «Grazie ai volontari di Reggio per avere accolto anche chi non è sopravvissuto al mare»
Ha ispirato il film "Io Capitano" di Matteo Garrone, vincitore di sette David di Donatello, e domani pomeriggio sarà in riva allo Stretto per commemorare le vittime di migrazioni
«Il documentario “Armo, storie di volontari e di migranti ” racconta di migranti che non ce l’hanno fatta. È una storia che mi tocca molto da vicino perché io sono un sopravvissuto e ho visto morire persone nel deserto e in mare. Persone che non hanno avuto alcuna sepoltura. Anche a me sarebbe potuto toccare quello stesso tragico destino. L’imbarcazione sulla quale viaggiavo si è spezzata in due. Alcuni pescatori di Mazara del Vallo ci hanno visto e hanno chiamato la Guardia Costiera dalla quale io sono stato salvato. Ero in fin di vita. Senza il loro intervento di soccorso, anche io sarei morto in mare. Sento di voler ringraziare profondamente tutti i volontari di Reggio Calabria, che verrò a conoscere domani in occasione della Commemorazione delle vittime delle Migrazioni. Persone che hanno accolto anche chi non era più vita, onorandone la memoria con la sepoltura. Un gesto dal valore inestimabile».
Queste parole sono di Mamadou Kouassi, partito dalla Costa d’Avorio nel 2005 con il cugino Emanuel. Arrivato in Italia nel 2008, dopo avere attraversato il deserto e conosciuto la prigionia in Libia. Approdato a Lampedusa, è stato accolto a Roma dal Centro Astalli prima di stabilirsi a Caserta. A lui si ispira la storia del film “Io Capitano”, diretto da Matteo Garrone, che lui ha contribuito a scrivere. Oggi Mamadou ha 40 anni ed è mediatore e punto di riferimento del Csa all’ex Canapificio di Caserta. Accompagnando il film, ha iniziato un altro viaggio, quello della testimonianza e della sensibilizzazione. Un viaggio che lo condurrà domani anche a Reggio Calabria in occasione della commemorazione delle vittime di migrazioni. Qui incontrerà il coordinamento diocesano sbarchi, che nel 2016 accolse al porto le 45 salme, i rappresentanti istituzionali e la cittadinanza.
Verrà a Reggio per conoscere più da vicino l’esperienza di accoglienza scoperta al teatro della Pace di Puccianiello di Caserta, lo scorso 1 marzo su iniziativa dell’Agesci Caserta 2. In quella occasione fu proiettato il documentario “Armo. Storie di volontari e migranti” alla presenza del regista reggino Antonio Melasi. Ad impreziosire quell’incontro, con la testimonianza di Sergio Di Vito, capo scout dei Agesci Caserta 2 che nel 2016 era stato proprio a Reggio Calabria per condividere l’esperienza di accoglienza e quella della sepoltura nel cimitero dei migranti di Armo, anche quella di Mamadou Kouassi.
Il cimitero di Armo, un memoriale per educare le coscienze
«La sua testimonianza sarà per noi molto importante – spiega Bruna Mangiola del coordinamento diocesano Sbarchi – anche per parlare di integrazione, percorso possibile solo se siamo in grado di aprire il nostro cuore. L’incontro con lui potrà farci capire come essere accoglienti nella vita di tutti giorni, favorendo la loro non sempre facile integrazione. Come essere esempio per le nuove generazioni e per i più sordi della città. La diversità è sempre una ricchezza. Resto convinta che “i confini li facciano gli uomini” ma il Signore che ama tutti e ci guarda con gli stessi occhi amorevoli, ci invita a non escludere mai nessuno ma camminare fianco a fianco lungo la strada della vita.
Il cimitero di Armo è memoria storica di una tragedia che Reggio non vedeva dalla seconda guerra mondiale. Rappresenta un memoriale che dobbiamo raccontare ai posteri affinché tutto questo non debba più accadere, affinché si formi una coscienza solidale nutrita da amore e fratellanza.
Con l’educazione si cambiano le mentalità ed è un processo lento che deve partire fin dalla tenera età. E il piccolo cimitero di Armo potrà contribuire anche a questo», spiega ancora Bruna Mangiola del coordinamento diocesano Sbarchi.
Una storia di profonda umanità
«Il documentario sul cimitero di Armo rispecchia la storia dell’immigrazione e le nostre angosce, le nostre sofferenze. Posso solo dire grazie ai volontari di Reggio Calabria e a chi ha ricordato in un modo così nobile chi non ce l’ha fatta. Queste testimonianze, come la mia voce, sono di quanti non possono essere qui. Il documentario su Armo è una storia d’umanità e profonda solidarietà per me.
Promuovere e condividere la conoscenza di questa esperienza di dolore ma anche della solidarietà alimenta memoria e responsabilità. Occorre continuare a testimoniare a raccontare. Anche per questo domani sarò pure a Reggio Calabria mentre ci prepariamo a celebrare la Giornata mondiale del Rifugiato il prossimo 20 giugno», sottolinea Mamadou Kouassi.
Con il regista Matteo Garrone, Mamadou (interpretato da Seydou Sarr) ha scritto la sceneggiatura del film Io Capitano, ispirato al suo viaggio attraverso il deserto, la Libia e il mare per raggiungere l’Europa con suo cugino Emanuel (interpretato da Moustapha Fall).
Io capitano
Su quindici candidature ai prestigiosi David di Donatello, il film si è aggiudicato sette premi: Miglior film, Miglior regista, Miglior produttore (Archimede, Rai Cinema, Pathé e Tarantula), Miglior autore della Fotografia (Paolo Carnera), Miglior montatore (Marco Spoletini), Miglior suono (Maricetta Lombardo, Daniela Bassani, Mirko Perri e Gianni Pallotto), Migliori effetti speciali visivi (Laurent Creusot e Massimo Cipollina). Candidato ai Golden Globe e ai Premi Oscar nel 2024 nella cinquina finale come miglior film internazionale, Io Capitano è stato anche in concorso alla 80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia per il Leone d’oro, aggiudicandosi il Leone d’argento alla Regia. Il Premio Marcello Mastroianni è stato anche assegnato all’attore protagonista Seydou Sarr, il cui personaggio è ispirato proprio a Mamadou Kouassi.
«I David di Donatello – sottolinea ancora Mamadou Kouassi – rappresentato certamente un traguardo importante e una grande soddisfazione. Una conferma della potenza del film che ha già toccato tre continenti, l’Africa, l’Europa e l’America e che, attraverso la mia storia, racconta la storia di tante altre persone. Tuttavia, anche se non li avessimo vinti, il più grande successo sarebbe rimasto per me quello di aver portato il film in Africa. Abbiamo già fatto un ciclo di incontro e torneremo per altre proiezioni. È un film che parla a tutti, promosso anche nelle scuole e che deve continuare a circolare e a testimoniare».
Mamadou e la sua odissea per partire
«Dall’inizio e fino alla prigionia in Libia, il film è interamente biografico. È il racconto fedele dell’odissea per raggiungere la Libia e la costa dalla quale partire per raggiungere il Sud Italia e l’Europa. Io e mio cugino Emanuel, che purtroppo neppure trentasettenne è morto di malattia nel 2022, siamo partiti insieme, ci siamo separati nel deserto e ci siamo ritrovati in Libia dopo un anno.
Il prosieguo della storia – racconta Mamadou Kouassi – non è più biografico ma è verosimile. Non ho guidato io la barca, come il personaggio a me ispirato nel film. Ma ho visto trafficanti puntare la pistola e costringere migranti come me a prendere in carico le barche. Loro lo facevano, per salvarsi la vita in quel momento e per avere una possibilità di raggiungere l’Europa. Posso testimoniare che anche il giovane che ha guidato la nostra barca non era un trafficante né un loro complice ma solo un giovane al quale era stato annunciato un giorno di viaggio e che dopo tre giorni e senza Gps si è trovato in mezzo al mare senza sapere se e quando avremmo toccato la terraferma. Non ha mai smesso di tranquillizzarci, nonostante momenti di disperazione».
Un’ingiustizia accusare chi guida la barca sotto minaccia
«Vedo oggi tante persone migranti essere accusate di favoreggiamento di immigrazione clandestina quando invece – spiega Mamadou Kouassi – sono persone costrette, anche con minacce armate dai trafficanti a guidare le barche. Un’azione compiuta per far sopravvivere loro stessi e tutti gli altri. Non sono certamente colpevoli o responsabili di alcun reato. Anzi aiutano tutti gli altri, si preoccupano che la vita di tutti sia in salvo, vista la situazione difficile e al limite. Il film racconta questo aspetto della nostra storia che si continua ad ignorare. Io voglio avere fiducia nella legge. Occorre, però, spiegare, anche attraverso il cinema e questo film, quale sia l’effettiva realtà, spesso travisata anche nelle aule di tribunale. Accusare e incarcerare queste persone è un’ingiustizia».
Il 3 giugno per non dimenticare e generare responsabilità
L’accoglienza cammina sulle gambe di volontari e volontarie di tante realtà e associazioni che ancora oggi sono impegnati al porto, e non solo, al momento degli sbarchi.
Una solidarietà resa concreta dalla Caritas che ha realizzato il cimitero e dal Comune che ha messo a disposizione il terreno soltanto qualche giorno dopo il drammatico arrivo al porto reggino di 45 salme di uomini, donne e bambini non sopravvissuti al mare.
Cosi quel dramma nel maggio 2016 si è trasformato nell’impegno e nell’istituzione da parte del Comune reggino della Giornata di commemorazione delle Vittime di Migrazioni nella data di domani 3 giugno. Una giornata, quella di domani, che sarà scandita da più momenti, nell’ambito della manifestazione promossa congiuntamente da Città Metropolitana e Comune di Reggio Calabria e dall’arcidiocesi Reggio Calabria – Bova.
Il programma del 3 giugno 2024
Alle ore 9 presso il cimitero di Armo il momento di preghiera e di riflessione. Alle 16 nella sala dei Lampadari Italo Falcomatà a palazzo San Giorgio, sede del Comune di Reggio Calabria, ci sarà un convegno dal titolo “Dall’accoglienza all’integrazione” con la presentazione del libro autobiografico “Damasco è dove sono”, della giovane siriana accolta a Camini, nella Locride, Douaa Alokla.
La sera alle ore 19:30, presso la galleria di Palazzo San Giorgio, alla presenza di Mamadou Kouassi, sarà proiettato il film di Matteo Garrone ispirato alla sua storia Io capitano, di cui è anche cosceneggiatore.