Reggio, scavi di piazza Garibaldi: sempre più vicina la consegna dell’antica area sacra alla città
Le indagini archeologiche proseguiranno ancora fino alla prossima settimana. Entro la fine del mese la ditta completerà i lavori di messa in sicurezza dei reperti e di realizzazione del percorso per rendere l’area visitabile

In dirittura di arrivo la campagna di scavi archeologici a piazza Garibaldi, nel centro storico di Reggio Calabria. Dopo la pausa per programmazione delle opere di completamento, lo stallo e il subappalto, la ripresa lo scorso gennaio dell’ultima fase dei lavori, il cui termine è fissato al 31 marzo p.v..
Fino alla prossima settimana proseguiranno le indagini archeologiche che stanno approfondendo le stratificazioni sottostanti all’edificio templare di epoca romana, si ipotizza di età Augustea, forse di prima età Giulio Claudia, di cui sopravvivono il basamento e quel che è stato lasciato delle scale di ingresso, lato corso Garibaldi.
I reperti che resteranno visibili
«Il basamento di un edificio templare a podio di primissima età imperiale e i muri legati a questa struttura. Ancora altri due muri, di età precedente, ellenistica, emersi con maggiori dettagli in queste ultime attività di scavo, e la parte di struttura medievale. Tutto questo sarà presto visibile grazie ai lavori di messa in sicurezza dei reperti e di realizzazione di percorsi per consentire alla cittadinanza di accedere e affacciarsi sull’area archeologica.
Ci auguriamo che l‘esito di questa campagna possa essere fruito e compreso dalla cittadinanza. Abbiamo prestato, per questo, attenzione al fatto che fosse visibile la sequenza stratigrafica e cronologica della frequentazione e della occupazione dell’area. Riteniamo, in base ai dati raccolti, che in quest’area vi siano stratificazioni che si spingono almeno fino a 2300 anni fa, forse anche di più».
Queste parole, per descrivere lo stato dell’arte delle attività di scavo, sono di Marilena Sica, che dal prossimo 1 aprile assumerà la direzione del Museo di Mileto, e che adesso è la coordinatrice della campagna di scavi a piazza Garibaldi. Impegnate con lei anche l’archeologa Silvia Ferrari e la disegnatrice Domenica Vivace.
Il futuro degli scavi
«L’auspicio è che sia possibile proseguire con l’attività di scavo per approfondire le precisazioni e i dettagli che abbiamo già rilevato con riferimento alle fasi precedenti e per trarne altri da tutto il materiale che è stato rinvenuto, compresi anfore, lucerne e molto altro probabilmente risalenti all’VIII secolo d.C. presenti nella grande fossa di scarico tardo-medievale. Epoca di cui, in questa zona adesso indagata, non abbiamo trovato traccia ma di cui le strutture, plausibilmente, dovrebbero essere nelle vicinanze. Intanto il quadro oggi ci indica che vi sono costruzioni di epoche pregresse ma anche di epoche successive alla spoliazione del tempio. Non siamo in grado di definire neppure la planimetria di questo edificio templare. Avremmo bisogno di scavare ancora, in altri punti, per conoscere, ad esempio, anche la direzione dei muri, ma in questo momento non c’è il tempo né ci sono i fondi».
La campagna, il cui direttore scientifico è Fabrizio Sudano, è finanziata dal Comune di Reggio Calabria, ed è seguita dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia.
«Questo appalto, finanziato dal Comune, prevede la fine dei lavori entro il prossimo 31 marzo. Se ci saranno altri fondi o economie occorrerà procedere con nuovo progetto e nuova gara». È quanto spiega l’architetta Michelangela Vescio, direttrice dei lavori e progettista con Giuseppina Vitetta, degli “interventi di messa in sicurezza degli scavi per la valorizzazione e la fruizione dei resti archeologici”.
Le ultime indagini prima della chiusura
«In questi ultimi giorni stiamo scendendo in profondità in un punto accanto al basamento del tempio, di cui abbiamo raggiunto la fossa di fondazione. L’obiettivo sarebbe quello di riuscire a comprendere se sotto vi siano altre stratificazioni, ossia altre strutture e costruzioni che indichino un intervento umano e la sua epoca oppure siano già raggiungibili i livelli naturali, quello che noi chiamiamo livello vergine. Fino a quando potremo scavare documenteremo e poi, per il momento, copriremo. Tutto quanto rileveremo, comunque, potrà essere una traccia per una futura ripresa degli scavi che ancora avrebbero molto da rivelare.
Certamente in questa ultima fase delle indagini, in cui stiamo anche procedendo con il restauro dovendo i reperti restare scoperti, visibili e dunque esposti anche alle intemperie, abbiamo portato ancora più in evidenza i due muri di età ellenistica, quindi precedenti all’edificio sacro e di epoche differenti tra loro. Prima si intravedevano ma senza che se ne potesse dedurre il grado di conservazione».
Un’area sacra stabilmente occupata e importante
«Possiamo affermare – prosegue l’archeologa – che trattasi di un’area marginale ma importante per il collegamento con il territorio a Sud della città antica. Inoltre la presenza di tutte queste strutture e piani di frequentazioni indicano che fosse un’area stabilmente occupata, non solo frequentata. Abbiamo anche individuato i piani pavimentali, ossia i livelli di calpestio. Al momento non abbiamo tracce di necropoli e neppure, al di là di alcuni frammenti con delle lettere però non riconducibili, abbiamo trovato alcuna iscrizione per risalire alla divinità alla quale fosse dedicato il tempio.
Restano ancora tanti gli aspetti da indagare in questa area davvero molto interessante. Siamo archeologi. Il tempo e i fondi non ci bastano mai. Occorre pensare al dopo. In questo caso, lo studio della mole di materiali rinvenuta richiede un gruppo di professionisti. Ritengo essenziale anche procedere con la pubblicazione degli esiti per sollecitare un confronto in seno alla comunità scientifica. E occorre pensare oltre. Con altri interventi futuri, che ripeto sono auspicabili, sarà possibile rileggere la storia antica della città e ricostruire la vita che c’era. Le indagini potrebbero proseguire anche contestualmente all’apertura al pubblico», così conclude la coordinatrice degli scavi, l’archeologa Marilena Sica.
L’appalto e i fondi
“Interventi di messa in sicurezza degli scavi per la valorizzazione e la fruizione dei resti archeologici”, questo il progetto finanziato con i fondi del Decreto Reggio e poi inserito nell’ambito dei fondi “Patto di Sviluppo per la Città Metropolitana”, gli ex “Patti per il Sud”, per un importo complessivo di 1 milione e 400 mila euro. Esso è stato approvato dalla giunta comunale nel 2019.
Nel 2020, indetta gara di appalto, tramite procedura negoziale, i lavori sono stati assoggettati al ribasso d’asta per un ammontare complessivo di oltre 970 mila euro. Con determina dirigenziale del settore Grandi Opere del comune di Reggio Calabria nel 2022 l’intervento, per un importo pari a oltre 682 mila euro, oltre iva, è stato aggiudicato definitivamente all’Impresa Samoa Restauri che poi ha subappaltato alcune delle attività necessarie per il completamento all’impresa Aet srl.
Questo l’appalto originario che ha reso necessaria in corso d’opera la programmazione di interventi complementari funzionali al completamento di questa campagna di scavi e alla loro messa in sicurezza ai fini della fruibilità collettiva. L’intervento, denominato “Messa in sicurezza scavi piazza Garibaldi, 1° stralcio – Valorizzazione e fruizione resti archeologici”, consiste nei lavori previsti nella perizia di opere complementari, per un importo pari a poco più di 195 mila euro. Somma che porta il valore complessivo del contratto a quasi 879 mila euro.
Le opere di messa in sicurezza e valorizzazione
Gli aspetti che l’ultimo intervento affronta attengono all’accessibilità in termini di eliminazione o riduzione il più possibile delle barriere architettoniche con la creazione di camminamenti di accesso e di circolazione, alla costruzione di nuovi spazi di relazione intesi quali ambiti d’uso pubblico a margine dell’area di scavo mediante ripristino delle asole verdi e rifacimento di tratti di marciapiede.