Maysoon Majidi, giovedì il tribunale del Riesame di Catanzaro deciderà sugli arresti domiciliari -VIDEO
Con la giovane attivista, regista e reporter curdo-iraniana sbarcata a Crotone e detenuta con l’accusa di essere una scafista nel carcere di Reggio, spera nella sostituzione della misura anche il Comitato Free Maysoon Majidi che il prossimo 17 ottobre inscenerà un sit-in
Porta a Catanzaro il filo al quale rimane appesa la speranza di Maysoon Majidi di ottenere gli arresti domiciliari.
Mentre è ancora in corso il processo di primo grado, per la giovane attivista, regista e reporter curdo-iraniana sbarcata a Crotone lo scorso 31 dicembre e da allora detenuta con l’accusa di essere una scafista, rimane la pronuncia del tribunale del Riesame di Catanzaro, prevista per il prossimo giovedì 17 ottobre, per sperare ancora negli arresti domiciliari.
A seguito del rigetto del tribunale di Crotone, su richiesta avanzata nel corso del dibattimento, Maysoon Majidi ha iniziato il suo decimo mese di detenzione. Dopo l’iniziale reclusione nel carcere di Castrovillari, dallo scorso luglio è detenuta nel carcere di Reggio, dove continuano ad avvicendarsi le visite di parlamentari.
Nonostante il rigetto in sede di dibattimento, giovedì 17 ottobre sarà il giorno della pronuncia del tribunale del Riesame di Catanzaro adito in via specifica dal difensore della giovane attivista, l’avvocato Giancarlo Liberati. Il giudice, in questo caso, si pronuncerà sull’ appello cautelare presentato avverso il rigetto in primo grado della richiesta di concessione della misura.
Il sit-in del Comitato Free Maysoon Majidi
Rimane alta l’attenzione su questo caso a livello internazionale, con l’appello lanciato da Amnesty International, e anche a livello locale. Indetto, infatti, un sit-in del Comitato Free Maysoon Majidi che si ritroverà la mattina del 17 ottobre dinnanzi al tribunale di Catanzaro alle ore 09:30. Saranno presenti anche attiviste di Reggio Calabria mobilitatesi per Marjan Jamali. Si ritroveranno per sostenere Maysoon e per invocare Libertà per lei e per tutte le persone colpevoli solo di migrare.
La giovane, sofferente e anche molto dimagrita da quando è iniziata la detenzione, nella seconda udienza dibattimentale dello scorso 18 settembre aveva chiesto, in occasione del rilascio di dichiarazioni spontanee, che le fossero concessi gli arresti domiciliari. Il diniego giunto in occasione della scorsa udienza del primo ottobre ha di nuovo spento le speranze che ora restano appese alla pronuncia di giovedì.
La giovane si è sempre proclamata innocente rispetto alle accuse mosse contro di lei, dichiarando di essere una migrante che ha pagato il suo viaggio e di essere fuggita dall’Iran dove sia che lei che il fratello Razhan, arrivato a Crotone con lei e adesso in Germania, erano in pericolo. Avevamo ricevuto numerose minacce per il suo attivismo in difesa delle donne e delle nazioni sottomesse e per il suo impegno nell’organizzazione dei diritti umani Hana, nel coordinamento dei Curdi in diaspora.
L’udienza del primo ottobre
«In occasione della scorsa udienza sono stati ancora sentiti funzionari e ausiliari della polizia giudiziaria che hanno operato controlli, accertamenti e tutte le attività successive allo sbarco. Siamo riusciti ad ottenere ulteriori accertamenti con riferimento alle presunte chiamate whattsapp che dimostrerebbero, secondo l’accusa, che il telefono di Maysoon sarebbe rimasto acceso durante la traversata, invece che essere stato spento e riacceso solo il giorno dell’approdo del 31 dicembre come quello di tutti gli altri migranti trasportati e come affermato da Maysoon. Durante il tragitto solo gli scafisti restano con il telefono a disposizione. Inoltre le dichiarazioni di un altro testimone sono state decisive per mettere in discussione l’attendibilità di alcuni verbali ufficiali, laddove si riferiva dell’individuazione della giovane quale scafista. Circostanza che in aula non è stata confermata. Confermata invece, altro dato positivo, le chat che attestano la raccolta fondi che è stata necessaria per raccogliere i soldi affinché lei il fratello potessero partire». È quanto dichiara l’avvocato Giancarlo Liberati, difensore della giovane attivista e che confida che giustizia le sarà assicurata.
La prossima udienza: 22 ottobre
«In occasione della prossima udienza del 22 ottobre si avvierà l’escussione dei cinque testimoni a difesa di Maysoon e se ci sarà tempo anche di Maysoon stessa. Si tratta del capitano detenuto a Crotone, il cittadino turco Akturk Ufuk che ha già dichiarato che nessun ruolo è stato svolto dalla giovane durante la traversata e che solo lui ha condotto la barca, il fratello Razhan Majidi e altri tre migranti che hanno viaggiato con lei, che adesso si trovano in Germania e che potranno testimoniare come Maysoon non abbia svolto durante la traversata alcuna mansione da scafista. Saranno ascoltati da remoto. Poi sarà sentita anche Maysoon. Il processo proseguirà con altra udienza, il 5 novembre, per la discussione prima della sentenza.
Conosco legge e non posso che confidare che venga applicata e che sia riconosciuta l’estraneità della giovane ai reati che le vengono contestati. Le accuse – prosegue il legale – si fondano unicamente su dichiarazioni raccolte, e neppure registrate, di soli due migranti, su oltre 70. Nessuno degli altri è stato mai sentito. Per altro ad accusarla sarebbero stati due compagni di traversata Alì, cittadino curdo-iracheno e oggi in Inghilterra, e Hassan, cittadino curdo-iraniano in Germania fino al mese scorso a adesso anche lui in Inghilterra, che per l’accusa sono irreperibili e che, invece, raggiunti da noi nei mesi scorsi, hanno sempre smentito di avere accusato la giovane. Noi, dal canto nostro, porteremo in aula la testimonianza di altri tre migranti che, dopo avere viaggiato con lei, garantiranno la completa estraneità di Maysoon alle accuse che le sono state rivolte. Dunque la prossima udienza sarà decisiva per avere un quadro chiaro di come effettivamente si siano svolti i fatti». È quanto ha spiega ancora il legale Giancarlo Liberati che ha poi soffermato su altri argomenti a sostegno dell’innocenza dalla giovane.
L’innocenza di Maysoon, Marjan e non solo …
«Anche nel caso di Marjan, seppure per motivi diversi, le accuse sono false. Sono state rivolte da persone che la stessa ha denunciato per molestie sessuali. Dunque confido che vegano perseguite per questi reati. Per Marjan, abbiamo ottenuto i domiciliari e che dalla fine dello scorso maggio è ai domiciliari a Camini con il figlio di otto anni, voglio confidare che anche per Maysoon possa affermarsi lo stesso orientamento. Del resto per entrambe ci sono prove di pagamento del viaggio oltre che di debolezza dei teste di accusa. Anche il suo processo prosegue dinnanzi al tribunale di Locri, essendo sbarcata nell’ottobre del 2023. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 28 ottobre. Proseguendo con l’esame dei testimoni dell’accusa, c’è in programma di ascoltare anche i tre migranti iracheni accusatori e che al momento sono ancora irreperibili.
Non vedo il minimo elemento per il quale Maysoon e anche Marjan debbano essere condannate.
Purtroppo questi processi si svolgono in un clima segnato da una politica criminale che persegue il traffico di migranti colpendo però le vittime stesse del traffico. Cito sempre il brocardo di Plutarco: “Irretit muscas, transmittit aranea vespas”, le tele dei ragni prendono le mosche e lasciano scappare le vespe. Dunque si lasciano liberi i trafficanti e si incarcerano le vittime di questi traffici.
La storia ci avrebbe già dovuto insegnare che i migranti, sovente sotto processo, sono le vittime dei reati, dunque innocenti, e non gli autori e che, spesso, anche chi guida la barca è costretto a farlo per potere partire e sopravvivere, dunque non con l’intento di trarne un profitto ma accollandosi la responsabilità di salvare sé stesso e gli altri». Così conclude l’avvocato Giancarlo Liberati.