giovedì,Gennaio 23 2025

Da Portopalo a Roccella, passando per Lampedusa e Cutro: si allunga la storia dei naufragi nel cimitero del Mediterraneo

Secondo l’Unicef, nell’anno appena concluso, oltre 2.200, di cui 112 bambini, sono stati i migranti morti in mare. Tra questi, seppure con dati frammentari, ci sono anche le 56 vittime, di cui 26 bambini, del naufragio “nascosto” di Roccella Jonica dello scorso giugno

Da Portopalo a Roccella, passando per Lampedusa e Cutro: si allunga la storia dei naufragi nel cimitero del Mediterraneo

Una tragedia inarrestabile è in atto ma sembra non riguardarci, non toccarci. L’indifferenza, complice dell’assuefazione, è forse il detrattore più irriducibile di ogni pace e di ogni civiltà come il servizio reso in mare e in guerra, da chi opera per salvare e soccorrere, è invece la forza ostinata che tiene acceso un barlume di umanità in questo mondo alla deriva.


Yasmine ha resistito per tre giorni nel gelido mare d’inverno prima di essere salvata con i suoi 11 anni e un carico di disperazione e paura che molti adulti, dopo una vita lunga, per loro fortuna non conosceranno mai. Solo una bambina e già una sopravvissuta come il piccolo di 8 anni tra i sette migranti salvati e condotti a Lampedusa dopo l’ultimo naufragio (noto) del 2024 nel Mediterraneo. A Gaza la piccolissima Sila non ce l’ha fatta a sopravvivere alle bombe, agli stenti, al freddo. È morta di ipotermia. Già di per sé dovrebbe essere intollerabile ma invece siamo oltre. Davvero possiamo concederci di credere che a uccidere la piccola sia stato solo il freddo?

Così è finito il 2024. Cosa lasciamo dietro di noi nell’anno appena passato è in realtà cosa troveremo intorno noi nel 2025. Un’amara affermazione, più che una domanda che ha in sé già una risposta, se spingiamo lo sguardo ai mesi, agli anni e ai decenni addietro. Cosa ci sarà avanti a noi? Dipende da quella speranza operosa alla quale ci invita da oltre duemila anni Aristotele.

Roccella nel 2024 e Cutro nel 2023

Sono stati 26 (su 56 dispersi dei 67 migranti) i bambini di cui non si è più avuta alcuna notizia a seguito del naufragio silente, invisibile, nascosto, negato, e ogni altro aggettivo utile a descrivere quanto le istituzioni si “siano impegnate” per rendere inaccessibile ogni informazione utile a capire e a raccontare, consumatosi tra il 16 e il 17 giugno 2024 a Roccella Ionica, nel reggino. Due bambini soltanto tra gli 11 superstiti. Ce ne erano stati 35 tra le 94 vittime del naufragio a Steccato di Cutro, nel crotonese, nella notte tra il 25 e il 26 febbraio dell’anno prima.

Portopalo nel 1996 e Lampedusa nel 2013

La notte tra Natale e Santo Stefano del 1996 al largo di Portopalo di Capo Passero, in provincia di Siracusa, una vecchia e sovraccarica nave di legno affondava, causando la morte di almeno 283 migranti. Fino al 2013, la più grande tragedia navale del Mediterraneo dalla fine della seconda guerra mondiale. Poi è arrivato il 3 ottobre 2013 con il naufragio al largo di Lampedusa, in cui morirono 368 migranti.

E dopo cosa è cambiato? Nulla. Steccato di Cutro e Roccella Jonica sono arrivati oltre dieci anni dopo, come i naufragi al largo di Lampedusa che hanno tragicamente suggellato il 2024.

Una tragedia senza fine che sembra non scuoterci, non sconvolgerci a sufficienza. L’incapacità di preservare chi, prima di ogni altro, avrebbe diritto ad essere protetto va stigmatizzata non per innescare facili commozioni ma per denunciare che il segno è stato passato da tempo e che la deriva di umanità, che tanto nel Mediterraneo quanto nelle aree in guerra si manifesta in tutto il suo stadio avanzato, dovrebbe interrogarci senza tregua. Eppure…

Il cimitero nel Mediterraneo

L’Unicef ha documentato che i dispersi nel Mediterraneo nel 2024 hanno superato i 2.200, di cui 112 bambini. Quasi 1.700 le vite spezzatesi lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Secondo l’Oim, nel 2023 si stima che oltre otto mila migranti siano morti. Di questi oltre tremila sono morti o ancora dispersi nel Mediterraneo. Il bilancio più tragico registrato dal 2016 ed è solo un dato orientativo che non può contemplate i naufragi rimasti ignoti e quelli invisibili di cui non si hanno dati certi, quelli negati e silenti come quello di Roccella Jonica, nel reggino.

Quando la migrazione pregna di incognite non impone alle famiglie di tenere i bambini in casa, non trattiene i più piccoli, non li distoglie dal partire, pur rischiando di non arrivare, ogni limite è stato oltrepassato. Ma non è la Storia, intesa come alibi e massa informe di eventi, a determinare ciò. È l’Umano che ha deviato, che ha smesso di avere responsabilità, cedendo all’arbitrio di reiterare scelte senza rispetto alcuno della Vita, della Dignità e della Libertà.

A Reggio, un luogo di accoglienza oltre la vita

Da contraltare di speranza funge l’esperienza di accoglienza oltre la vita di Reggio Calabria nel cimitero dei migranti nella frazione collinare di Armo. Una esperienza di intensa umanità e condivisione culminata nel dolore e nella commozione profonda di quel 29 maggio 2016Al porto di Reggio Calabria arrivarono 45 salme di chi non era riuscito a toccare la terraferma, di chi in mare aveva smarrito i propri sogni, di chi aveva potuto solo sperare in una vita libera, persa proprio durante il viaggio per conquistarla.
Il dovere di accoglienza restava prioritario ma necessitava di declinarsi in un modo diverso. Così quelle salme furono accompagnate a custodite dalla comunità di Reggio fino al giorno della sepoltura. Grazie al Comune di Reggio Calabria e alla comunità di Armo, essa ebbe luogo nella frazione collinare della città dello Stretto.

Quel 3 giugno 2016 divenne, per volontà dell’amministrazione comunale di Reggio Calabria guidata da Giuseppe Falcomatà, la giornata per la commemorazione delle vittime delle migrazioni e quel cimitero presidio di accoglienza, come accaduto dopo il naufragio di Roccella Jonica, di salme spesso senza nome ma mai senza dignità.
Da quel momento, infatti, altri fratelli e altre sorelle, morti in mare o in solitudine e povertà, furono sepolti lì. Ciò spinse ancora oltre il cuore, lasciando immaginare ciò che oggi è realtà. Il cimitero monumentale è stato realizzato da Caritas Italiana, su impulso della Caritas diocesana di Reggio Calabria – Bova, allora guidata da don Nino Pangallo. Oggi, circondati da alberi piantati da volontari e tanti giovani scout di tutta Italia, riposano lì oltre duecento persone.

Rispetto: la parola dell’anno

Rispetto è la parola dell’anno indicata dall’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani per la sua estrema attualità e rilevanza nella nostra società. «Rispetto delle persone, delle istituzioni, delle diverse culture, dell’ambiente e di tutti gli esseri viventi». Lo ha ricordato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di fine anno. E lo ha fatto invocando proprio il rispetto come viatico «per una società più accogliente, più rassicurante, più capace di umanità, il primo passo verso il dialogo, la collaborazione, la solidarietà, elementi su cui poggia la nostra civiltà».

Dove inizia e dove finisce il Rispetto per le persone, quando non si ha l’urgenza di vivere in pace e di preservare l’infanzia e chi fugge da guerre, violenze e persecuzioni?

Persone uniscono mondi lontani e ignorati

La lotta al traffico di esseri umani, il piano Mattei in Africa, le trattative di pace in Ucraina e in Medio Oriente sono quanto la politica sta facendo con risultati che non sollevano le coscienze che intendano restare vigili dall’essere allarmate e preoccupate. Si continua a morire senza una ragione che la civiltà possa e debba anche solo ammettere come valida.
Se poi sull’altare di una esasperata e cieca ricerca di chi lucra sulla tragedia delle migrazioni clandestine si sacrificano innocenti, allora non solo si allontana l’obiettivo di cura di una piaga ma si rischia di allargare la ferita.
L’urgenza di costruire la pace passa anche dalla capacità di ascolto e di accoglienza di chi sul nostro territorio riesce ad arrivare portando con la sua sofferta testimonianza qui tutto quel mondo rimasto evidentemente e irresponsabilmente ai margini e che adesso reclama a ragione voce e diritti.

Maysoon e Razhan

Maysoon e il fratello Razhan stanno chiedendo asilo politico in Italia, dove sono arrivati fuggendo dall’Iran prima e dal Kurdistan Iracheno dopo. In pericolo per il loro attivismo politico in favore del popolo curdo e delle donne, sono scappati. Arrivati al porto Crotone sono stati separati perché Maysoon, dopo sommari interrogatori delle forze dell’ordine, era stata arrestata con l’accusa di essere una scafista. Rilasciata dopo dieci mesi di detenzione, accolta prima a Riace e poi a Sant’Alessio in Aspromonte nel reggino, è ancora sotto processo e ha urgenza di raccontare la sua storia, la sua verità. Lei e il fratello Razhan hanno l’urgenza di spiegare le ragioni della fuga da un paese come l’Iran, in questi giorni al centro delle ansie di una famiglia e dell’intera Italia dopo l’arresto della giornalista Cecilia Sala.

I confini e le persone

I confini sono oltrepassati da persone, da storie, da idee, diritti, pertanto sono tutt’altro che definiti come quelli fisici e geografici che, la storia ci insegna, sono comunque tutt’altro che invalicabili e inespugnabili quando si agisce a difesa di beni supremi quali la vita e la libertà.
Dunque i confini fluttuano e nel tempo non restano immutati così come non può restare immutato il concetto di Patria che è anche di chi, pur essendo nato lontano, in Italia vive, ha ricordato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «È Patriottismo quello di chi, con origini in altri paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive a pieno la quotidianità e con il suo lavoro e la sua sensibilità ne diventa parte, contribuendo ad arricchire la nostra comunità. È fondamentale creare percorsi di integrazione e di reciproca comprensione perché è anche da questo che dipende il futuro delle nostre società».

Una grande lezione di civiltà che vola alto sopra i pregiudizi e gli innumerevoli ostacoli che questa visione, che questa irrinunciabile tensione ideale e morale incontrano ogni giorno nel loro divenire realtà anche nella nostra moderna Italia. Un Paese che, nonostante le straordinarie e generose energie che lo abitano, spesso dimentica che anche, oggi forse soprattutto, accogliendo si costruisce la Pace.

Articoli correlati

top