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Oppido, l’obiettivo del Comitato 19 febbraio dopo un anno di lotte non cambia: ospedale sia riconosciuto di zona disagiata

I cittadini che lo hanno costituito tracciano il bilancio di un anno di lotte e manifestazioni per garantire il diritto alla salute dei cittadini della fascia preaspromontana

Oppido, l’obiettivo del Comitato 19 febbraio dopo un anno di lotte non cambia: ospedale sia riconosciuto di zona disagiata

Il Comitato 19 febbraio in difesa dell’ospedale Maria Pia di Savoia di Oppido Mamertina, oggi compie un anno. Un anno di lotte, di mobilitazioni, di sit-in senza sosta, di incontri e appelli per far sì che il nosocomio continuasse a vivere e soprattutto riacquisisse le antiche funzioni, per garantire anche ai cittadini della fascia prespromontana della Piana di Gioia Tauro, il diritto alla salute. A un anno esatto da quando si è costituito, il Comitato traccia il bilancio di quanto svolto finora, ribadendo ancora una volta che, l’annunciato “Ospedale di comunità” – nel quale si trasformerà il Maria Pia di Savoia – non è sufficiente per un bacino di utenza tanto grande e soprattutto troppo distante dall’unico presidio in funzione, ossia l’ospedale di Polistena, sottolineando che l’unica soluzione possibile sarebbe quella di riconoscerlo Ospedale di zona disagiata.

L’origine

«Era il 19 febbraio 2023 quando a seguito della paventata chiusura dell’unico reparto sopravvissuto nell’ospedale Maria Pia di Savoia di Oppido Mamertina, un gruppo di cittadini, costituitisi in comitato spontaneo, rivendicando il diritto alla salute ha presidiato la struttura ospedaliera oppidese in sit-in permanente per evitare di lasciare un’intera area geografica senza alcun tipo di assistenza sanitaria – affermano i componenti del Comitato -. 150 giorni di presidio permanente, giorni di azione e di lotta in favore del diritto alla salute dei cittadini oppidesi e dell’entroterra aspromontano; giorni difficili, carichi di emozioni, ma anche di grandi soddisfazioni: la visita del commissario straordinario Asp, oggi direttore generale, Lucia Di Furia che, invertendo la rotta annunciava per il “Maria Pia di Savoia”: la riattivazione del reparto di Radiologia, il mantenimento del reparto di Lungodegenza, l’attivazione della postazione di 118 medicalizzata e soprattutto l’attenzione nei confronti di una struttura periferica dislocata in ambiente montano.

Il “piano Di Furia” per il rilancio del Maria Pia di Savoia – esplicato nella missiva del 3 marzo indirizzata al sindaco di Oppido Mamertina e divulgata nei canali social dell’Ente – prevedeva l’arrivo del primo medico cubano – dei sei che si intervallano nel reparto mamertino – evitando così la chiusura del reparto di Lungodegenza e garantendo la possibilità di nuovi ricoveri, che tutt’oggi però vengono interrotti in funzione della presenza in servizio dei medici in forza al reparto. Il presidio davanti all’ospedale e la presenza costante dei volontari ha permesso al Comitato di affrontare l’annoso problema della mancanza dei servizi essenziali con spirito propositivo e costruttivo provvedendo giornalmente a comunicare i disservizi riscontrati e/o segnalati – anche dagli operatori sanitari della struttura molto spesso ignorati e bistrattati – sollecitando la risoluzione dei problemi, ovvero provvedendo a richiedere l’intervento dell’elettricista, del tecnico della linea telefonica e dell’ingegnere, nonché del fisico, ovvero tutte le attività utili a garantire l’iter di riattivazione della radiologia annunciata dal commissario straordinario.

Non è stato possibile abbassare la guardia – continuano – poiché si è reso necessario: sollecitare il trasferimento della stampante e della CR digitale, nonché della strumentazione necessaria a riattivare l’ambulatorio di Radiologica, sollecitare l’approvvigionamento dei farmaci utili ai degenti del reparto di Lungodegenza, provvedere personalmente alla sostituzione dei vetri danneggiati della porta d’ingresso della struttura ospedaliera e alla pulizia degli spazi adiacenti, sollecitare in silenzio alla massima autorità sanitaria locale nonché direttore degli ambulatori dislocati nel territorio oppidese, la donazione del MiniLab e la fornitura del pc e della stampante e l’inserimento nel Cup regionale per il riattivato ambulatorio di Radiologia. E poi i due “flash mob”, il primo per unire le istituzioni alle quali abbiamo chiesto una sinergica collaborazione in difesa del nosocomio mamertino, il secondo per ribadire e testimoniare le reali difficoltà che un cittadino oppidese e dell’entroterra aspomontano è costretto a subire per ottenere assistenza sanitaria, ovvero il percorso che è costretto ad affrontare da Oppido all’ospedale spoke di Polistena».

Le azioni

A questo punto il Comitato formulò il primo documento contenente le proposte per il rilancio del Maria Pia di Savoia che «il presidente della Regione Occhiuto e la commissaria straordinaria dell’Asp reggina Di Furia, ai quali tra gli altri era indirizzato, hanno accolto positivamente e analizzato con particolare attenzione. Sin dall’avvio della protesta popolare a difesa del “Maria Pia di Savoia” – sottolinea il Comitato – è stata fondamentale la presenza tra la gente della Chiesa, in particolare il sostegno dell’allora vescovo della diocesi di Oppido-Palmi Francesco Milito che, nel corso della processione in onore della patrona della Diocesi ha rivolto un forte appello ai politici calabresi per il rilancio della sanità pubblica, ma anche e soprattutto la presenza costante della chiesa locale e del parroco di Oppido che ha anche presieduto la Via Crucis nel cortile dell’ospedale. Fondamentale anche il sostegno dei consiglieri regionali, del sindaco e dei consiglieri della Città metropolitana, dei sindaci di Oppido, Varapodio, Palmi, Cinquefrondi e il sostengo delle associazioni, dei comitati nati in difesa del diritto alla salute e di ex commissari straordinari dell’Asp. Tanti i giornalisti che comprendendone l’importanza e la genuinità sposano la protesta e, insieme a diverse testate giornalistiche online, la raccontano».

Ma nonostante questo, il Comitato ricorda come poco o nulla fosse cambiato, dal momento che due minori, a seguito di un incidente auto/moto, hanno sostato riversi sull’asfalto senza alcuna assistenza per oltre 60 minuti in attesa di un’ambulanza e che un uomo con infarto è morto in viaggio verso il più vicino pronto soccorso. Dal canto suo, il Comitato «abbandonando la rassegnazione, con spirito propositivo, interloquisce con i dirigenti dell’Asp di Reggio Calabria al fine di avviare una sinergica collaborazione per il rilancio del Maria Pia di Savoia, e riempie di contenuti e di strumentazione salvavita il nosocomio mamertino, per anni lasciato anche senza un defibrillatore. Nasce da Oppido l’idea di creare una rete di comitati in difesa del diritto alla salute dei cittadini calabresi. Oltre venti comitati, provenienti dall’intera regione Calabria, davanti al Maria Pia di Savoia per sottoscrivere un documento contenente le richieste per una “Calabria in buona salute” indirizzato al presidente Occhiuto, ovvero una proposta civica per il rilancio della sanità calabrese». In quell’occasione anche il sindacato Usb sposò la protesta e il Comitato 19 febbraio intervenne a Roma alla manifestazione nazionale organizzata dallo stesso sindacato in difesa del diritto alla salute.

«Si incassano così i primi risultati – ricorda il Comitato – con l’apertura dell’ambulatorio di Radiologia – che opera con non poche difficoltà anche grazie alla Bcc Calabria Ulteriore che ha donato due computer e una stampante per l’acquisto dei quale avevamo lanciato una raccolta fondi – ma, nel mese di luglio 2023, con l’approvazione da parte della Regione del “Piano di riordino della rete ospedaliera” svanisce ogni speranza per l’agognato riconoscimento di zona disagiata, ma soprattutto si constata ancora una volta la poca attenzione per le aree interne, disagiate per definizione». Il Comitato, appresa la notizia del mancato riconoscimento di zona disagiata, «per evitare di vanificare tutti i sacrifici di coloro che per rivendicare il diritto alla salute, per 5 lunghi mesi, hanno presidiato la struttura ospedaliera 24 ore su 24», ha occupato la sala consiliare del Comune di Oppido, chiedendo un incontro urgente con il sindaco al fine di ottenere spiegazioni in merito alla mancata attenzione da parte della politica regionale nei confronti del territorio dell’entroterra aspromontano, annunciata dopo l’incontro del maggio 2023 tra il presidente della Giunta regionale, il consigliere regionale Giannetta e il sindaco di Oppido Mamertina.

«Nonostante le rassicurazioni – spiega il Comitato – circa la volontà della politica regionale di predisporre un piano di rilancio del nosocomio mamertino e l’approvazione di un decreto ad hoc – mai approvato – arriva l’ulteriore conferma circa il disinteresse per il territorio dell’entroterra aspromontano con l’approvazione della “Programmazione della rete territoriale” dell’Asp di Reggio Calabria che nulla prevede per il territorio di riferimento, ovvero quello ricadente nel “Distretto n. 2 Tirrenico, definito RC2, che conta 33 comuni con una popolazione complessiva di 146.230 abitanti dislocati in un perimetro di 939,21 kmg, perdendo ogni speranza di essere tutelati e vedersi garantiti i diritti fondamentali previsti dalla nostra Carta costituzionale. La programmazione territoriale, così come il piano di riordino della rete ospedaliera, non sono idonei a garantire a ogni cittadino il diritto alla salute, infatti, a parer nostro, l’organizzazione dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria non garantisce a tutti il godimento effettivo e globale delle prestazioni sanitarie come previsto dalla nostra Costituzione e da tutte le leggi a questa orientate. Per poter adeguatamente pianificare il territorio bisogna avere conoscenza delle sue caratteristiche orografiche e soprattutto tenere in considerazione che lo stesso non è sorretto da adeguate reti infrastrutturali di collegamento, e che i mezzi di trasporto pubblico sono insufficienti se non addirittura inesistenti».

Il Distretto RC2 e le esigenze

Le zone interne del Distretto RC2 sono: Cosoleto, Candidoni, Delianuova, Giffone, Molochio, Oppido Mamertina, Santa Cristina d’Aspromonte, San Pietro di Carida, Scido, Terranova Sappo Minulio, Varapodio e pertanto, secondo il Comitato «non si può accettare che la concentrazione dei servizi tra Polistena e Taurianova sia considerata una risposta alle reali esigenze del territorio. Sicuramente le aree interne, che per definizione sono svantaggiate, sono meno popolate rispetto ai grandi centri cittadini dislocati lungo la costa tirrenica, ma nella programmazione della rete ospedaliera e territoriale era necessario considerare l’intero territorio e soprattutto il target di popolazione ivi residente e le reali e concrete esigenze. Dobbiamo avere l’onestà intellettuale di affermare che l’ospedale finanziato con i fondi del Pnrr che dovrebbe sorgere a Oppido sarà un minus rispetto al reparto oggi esistente all’interno del Maria Pia di Savoia che, seppur è da considerarsi un distaccamento dell’ospedale di Gioia Tauro, rappresenta una piccola risposta di salute ai territori interni montani da sempre bistrattati.

A Oppido – secondo il Comitato – dove, nel frattempo, le condizioni “di salute” continuano ad aggravarsi, ci sarebbe dovuto essere almeno una Casa di comunità Hub con Uca e Pua, con strumentazione diagnostica di base e la possibilità di usufruire della telemedicina. Ovvero avrebbe dovuto offrire servizi di cure primarie erogati attraverso un’équipe multi-professionale e avere un “Punto unico di accesso” e quindi un’équipe composta da medico e infermiere che potessero rispondere ai bisogni di assistenza del territorio aspromontano e preaspromontano. Purtroppo, a Oppido rimarrà la magra consolazione di poter appellare l’unica struttura sanitaria esistente come ospedale, ma di ospedale ci sarà solo il nome! Lasciare un’intera area senza alcun tipo di assistenza sanitaria e senza un presidio di gestione dell’emergenza urgenza – conclude il Comitato – significa condannare tutti coloro che ivi vi abitano alla morte civile. Oppido dovrà essere riconosciuto come ospedale di zona disagiata, ci arriveremo perché agiamo solo ed esclusivamente per ottenere ciò che dovrebbe esserci riconosciuto per diritto!». Detto questo, il Comitato ringrazia tutti «per aver riacceso la speranza, grazie per averci creduto, grazie per non esservi arresi, grazie per esserci stati».

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