Due anni da Steccato di Cutro, la Calabria non dimentica la tragedia in cui persero la vita 94 persone
Due anni da Steccato di Cutro, la Calabria non dimentica la tragedia in cui persero la vita 94 persone
Due anni da Steccato di Cutro, la Calabria non dimentica la tragedia in cui persero la vita 94 persone
Due anni da Steccato di Cutro, la Calabria non dimentica la tragedia in cui persero la vita 94 persone
Scomposta in lettere disordinate è la parola che ormai non indica più solo un posto geografico. Indica un luogo in fondo alla notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 quando, a un passo dalla salvezza, si spezza sotto il peso di una insostenibile indifferenza la vita di 94 persone, di cui 35 bambini, con la sola colpa di aver inseguito una speranza a bordo di una imbarcazione in legno. Non si contano i dispersi.
Quella parola scomposta, che non può e non deve smettere di scardinare ogni certezza che non sia sostenuta dalla verità della storia, è Cutro. La pittrice reggina Tina Parisi si fa interprete di questa tragedia senza fine dei nostri tempi con un quadro che interroga e scombina tutto quanto non fa rima con umanità, come fa il suo pennello con quelle lettere. Un fiore sbocciato con il suo colore rosso fluttua nell’azzurrità del mare e al contempo irrompe in quel disordine per ricordare che, senza cancellare quel passato ma solo tenendolo bene a mente, un futuro di armonia, bellezza e vita restano possibili.
Provenienti da Afghanistan, Pakistan, Iraq, Siria e Somalia, oltre un centinaio di migranti erano a bordo del caicco Summer Love. Quella notte di due anni fa erano ormai vicini alla costa di Steccato di Cutro, nel crotonese. Ma invece dell’approdo, il naufragio e senza che alcun soccorso tempestivo giungesse per contenere la tragedia, la paura, la disperazione. Ancora il sole non era sorto. Sarebbe sorto ma quella notte non sarebbe ugualmente finita.
L’opera impreziosisce la sua personale “Mediterraneo, gli invisibili”, approdata adesso, nell’ambito delle Giornate Pretiane, nell’aula Mostre Alfonso Frangipane del liceo artistico Preti-Frangipane di Reggio Calabria, dove la stessa artista ha insegnato dopo essere stata allieva proprio del maestro Alfonso Frangipane.
«Ho sentito l’urgenza di fermare quella storia sulla tela perché, in fondo, è la nostra storia. I migranti arrivano da lontano, a volte hanno anche dei tratti anche fisionomici diversi, portano una storia e una cultura diverse. Eppure sono persone e, purtroppo, occorre ricordarlo visto che non riusciamo a fissarli, ci sfuggono, sfuggono alla nostra coscienza come alla nostra memoria. Per questo restano invisibili».
Dopo l’esposizione lo scorso gennaio all’ex Convento dei Minimi di Roccella Ionica, adesso la mostra, di cui cura l’allestimento Antonella Aricò, anche con altre opere che raccontano il naufragio dello scorso giugno a Roccella Ionica, resterà visitabile fino al prossimo 22 marzo, dal lunedì al venerdì, dalle ore 09 alle 13 (sabato dalle ore 09 alle 12 e domenica chiuso) e nel pomeriggio, solo su prenotazione chiamando al numero 3939780197.
Un punto luce nella notte più buia. È il balsamo dell’arte che, pur non potendo riportare in vita, può rendere un pensiero insostenibile un richiamo ineludibile della coscienza e della memoria, le sole a poter salvare dalla morte già consumata, la prima, e da quelle evitabili in futuro, la seconda.
Un contributo alla memoria che non cede all’oblio mentre nel Mediterraneo si continua a morire. Save the children ha denunciato che circa 120 minori sono morti o risultano dispersi nel Mediterraneo solo nell’ultimo anno, dal gennaio 2024 al gennaio 2025, su un totale di poco meno di 2400 persone.
La memoria non cede all’oblio mentre sono in corso già da lunedì, tra Cosenza, Crotone, Steccato di Cutro e Botricello, le iniziative promosse dalla rete 26 febbraio, costituitasi all’indomani del naufragio di Cutro per chiedere giustizia per i familiari delle vittime e i superstiti e invocare una politica comune europea di soccorso, accoglienza e asilo.
Anche nel reggino, a Riace, il sindaco Mimmo Lucano ha annunciato un momento di raccoglimento e di memoria delle vittime al Villaggio Globale per le 10:30 di oggi. “La nostra Riace la loro Cutro”, il titolo della manifestazione.
Nel cuore della città di Reggio Calabria, nel parco urbano del Tempietto, inaugurato la scorsa estate, ogni giorno la memoria delle vittime del naufragio si alimenta e si rinnova con il vento dello Stretto al quale guarda la celebre installazione firmata MyEquilibria. Una palestra outdoor, ispirata al legame tra natura e innovazione, con le sembianze di un albero della vita, presente in altre città del mondo e che a Reggio Calabria è anche luogo di memoria.
Il naufragio di Cutro resta una tragedia immane. In occasione della conferenza stampa di bilancio del primo anno di Governo Meloni, nel gennaio 2024, la presidente del Consiglio dei Ministri lo aveva indicato come momento fino ad allora più difficile. Il Consiglio dei ministri convocato simbolicamente la settimana immediatamente successiva nella sede municipale di Cutro, quando ancora lo strazio dei familiari dinanzi alle salme al palaMilone risuonava tutto intorno. Eppure soltanto poco più di un anno dopo, un altro naufragio è avvenuto, questa volta al largo di Roccella Jonica nel reggino, e quello stesso Governo ha scelto la linea del basso profilo per un avvenimento altrettanto tragico, nel tentativo di silenziare la storia.
Sono stati 26 (su 56 dispersi dei 67 migranti) i bambini di cui non si è più avuta alcuna notizia a seguito di quel naufragio silente, invisibile, nascosto, negato, consumatosi tra il 16 e il 17 giugno 2024 al largo di Roccella Ionica, nel reggino. Due bambini soltanto tra gli 11 superstiti.
All’indomani dello strazio del naufragio di Cutro, il governo reagì inasprendo le pene per chi favoreggia l’immigrazione clandestina e prevedendo il nuovo reato di morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina. La sentenza (cinque assoluzioni su sette) al termine del primo processo incardinato con questa accusa è stata pronunciata alcune settimane fa dalla corte di Assise di Locri.
Nel 2023 a bordo di un motopeschereccio, 506 migranti di varia nazionalità pakistana, siriana, bengalese ed egiziana erano stati soccorsi e condotti nel porto di Roccella Jonica. Approdava senza vita il poco più ventenne pakistano, Ashfaq Husnain.
Dello scorso 18 febbraio è poi la pronuncia della sezione immigrazione del tribunale di Reggio Calabria che ha riconosciuto il diritto alla protezione internazionale ad un cittadino ivoriano, nonostante la cessazione dei rischi per la sua incolumità sorti all’epoca nel paese di origine.
«Il Tribunale di Reggio Calabria ha accolto la domanda non solo riconoscendo che il decreto Cutro non può avere efficacia per i procedimenti già in corso, ma soprattutto in virtù della diretta applicazione dell’articolo 8 della convenzione europea dei Diritti dell’uomo che vieta agli Stati membri che tutela la vita privata e familiare della persone. Nel caso del cittadino ivoriano, l’espulsione avrebbe causato il suo sradicamento da un contesto sociale ormai maturo e consolidato in cui vive con la sua famiglia, con un alloggio regolarmente affittato e un lavoro. Sicuramente un provvedimento di tale rilievo si farà strada in altri corti giudiziarie italiane», ha sottolineato l’avvocato Francesco Nucara responsabile dell’ufficio legale del centro diocesano Monsignore Scalabrini.
Il naufragio di Cutro costituisce una profonda ferita nel nostro essere umani e una frattura nel nostro stato di Diritto la cui gravità si manifesta con il prosieguo del corso della giustizia e dei processi per accertare le nostre responsabilità in materia di soccorsi e obblighi internazionali.
Fissata al prossimo 5 marzo l’udienza preliminare dinanzi al gup del tribunale di Crotone per sei militari – quattro della Guardia di Finanza e due della Capitaneria di porto – accusati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo.
Gravi negligenze, imprudenza e imperizia sono le accuse contestate dal sostituto procuratore della Repubblica di Crotone, Pasquale Festa, alle sei persone indagate. Secondo gli inquirenti, i profili di colpa ipotizzati a carico dei finanzieri attengono essenzialmente alle modalità esecutive delle azioni da svolgere in seguito all’avvistamento del natante. In particolare è stata contestata l’omessa completa comunicazione delle difficoltà di navigazione incontrate a causa delle condizioni meteomarine, nonché il ritardo nel predisporre le operazioni di intercettazione del caicco, in assenza di un effettivo ed efficace monitoraggio radar.
Per quel che attiene, invece, ai membri della Guardia costiera la contestazione ruota intorno alla mancata acquisizione di informazioni necessarie per avere un quadro effettivo di quanto la Guardia di finanza stava facendo e dalla conseguente carente valutazione dello scenario operativo e delle disposizioni da impartire ai natanti della Guardia costiera che pure erano in condizioni di intervenire.
Già lo scorso dicembre il tribunale di Crotone ha condannato gli scafisti Hasab Hussain, 22 anni, pakistano, a 16 anni di reclusione (il pm ne aveva chiesto 18 anni), Khalid Arslan, 26 anni, pakistano condannato ad 11 anni, un mese e dieci giorni (di 14 anni e 6 mesi era stata la richiesta del pm) e Sami Fuat, turco di 51 anni, a 16 anni, a fronte degli 11 richiesti dal pm. Tutte condanne per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte in conseguenza del favoreggiamento. Tutti assolti dall’accusa di naufragio colposo.
Condanne che non assolvono la nostra coscienza e che devono continuare a interrogare rispetto a verità e storie molto complesse di persone spesso costrette a condurre le imbarcazioni per assicurarsi anche loro il viaggio o che addirittura sono innocenti e accusate nel contesto di indagini sommarie. La storia di Maysoon Majidi assolta dall’accusa nelle scorse settimane deve continuare a far riflettere.
«Rivolgiamo a tutti un accorato appello affinché non scenda l’ombra dell’oblio su queste vite spente né sulle tante altre che necessitano ancora di essere ascoltate.
Non possiamo dimenticare come molte di queste provengano da campi profughi di cui nessuno parla e da città ghetto di cui nessuno si occupa volentieri.
Tutti facciano la loro parte: Stato, Regioni, Province e Comuni, Chiesa, mondo dell’informazione e altre realtà associative. Tutti, ognuno per ciò che gli è proprio, si impegnino con maggior coraggio e forza per promuovere non la cultura della chiusura, della persecuzione, della violenza, della deprivazione della dignità umana, ma quella della accoglienza e della familiarità. Costruiamo insieme una storia che non sia la fine, ma un nuovo inizio per quei tanti che in noi vedono una speranza di vita nuova». Questo l’appello dei vescovi calabresi in occasione di questo tragico anniversario.
Anche in occasione di questo anniversario sono numerose in Italia le proiezioni di “Cutro Calabria Italia”, il documentario diretto dal regista originario di Polistena, Mimmo Calopresti, finanziato dalla Fondazione Calabria Film Commission e prodotto da Silvia Innocenzi e Giovanni Saulini per Alfa Multimedia.
“Il cavallo e la torre” propone altresì una serie di cinque puntate da 15 minuti ciascuna, dal titolo “La notte di Cutro”, disponibili da martedì 25 febbraio in esclusiva su RaiPlay. «Attraverso un’attenta selezione e rielaborazione dei materiali raccolti dal programma in questi due anni, e con la voce narrante di Marco Damilano – si legge nella nota stampa della Rai – “La notte di Cutro” ripercorre la tragedia in tutte le sue sfaccettature, suddividendola in cinque episodi: il viaggio dalla Turchia all’Italia e il naufragio; il mancato intervento tempestivo dei soccorsi; le responsabilità istituzionali e politiche, le decisioni non prese e i rimpalli di competenze; le vite spezzate e la ricerca dell’identità dei corpi rimasti senza nome.
Basata su inchieste giornalistiche e testimonianze dirette di sopravvissuti, soccorritori, famiglie, avvocati e giornalisti, la serie propone un ritratto umano e profondo, andando oltre i numeri e i titoli di cronaca, restituendo memoria e giustizia a una delle tragedie più drammatiche degli ultimi anni e invitando chi guarda a riflettere su come evitarle in futuro».
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